L'inchiesta sulle morti nelle rsa
di Genova durante la pandemia di Covid va archiviata ma i
parenti delle vittime possono chiedere un risarcimento in sede
civile. In primo luogo perché mancava "un piano pandemico
nazionale" e poi per "i profili di criticità rilevati in alcune
strutture". Lo scrivono i pubblici ministeri del pool Sanità
della procura di Genova, coordinati dal procuratore aggiunto
Francesco Pinto, nelle motivazioni con cui hanno chiesto
l'archiviazione per 15 persone tra direttori e responsabili
legali delle sei strutture (la Rsa di Chiavari, la Residenza
Anni Azzurri Sacra Famiglia di Rivarolo, il Centro di
riabilitazione, il Don Orione Paverano, La Camandolina e la
Residenza San Camillo) finite nel mirino per il numero elevato
di morti nei primi quattro mesi del 2020, in piena pandemia.
Sono emersi, scrivono i pm, "in linea generale, da un lato,
l'assoluta impreparazione dello Stato di fronte a una pandemia
per la quale da anni non era stato predisposto un piano e
notevoli difficoltà per le strutture ad attuare le misure e
indicazioni raccomandate nelle varie settimane dalle autorità
sanitarie". E ancora, sottolinea la Procura "i dispositivi di
protezione scarseggiavano su tutto il territorio nazionale e
ogni Rsa, pur impegnandosi nella ricerca, ha incontrato enormi
difficoltà nell'ottenere le forniture. Alcune strutture, nella
prima fase emergenziale, hanno dato ai dipendenti mascherine di
''panno tipo swiffer", altre avevano commissionato mascherine in
tessuto, quasi tutte hanno imposto un uso oculato dei
dispositivi visto lo scarso numero a disposizione". "È vero
certamente che in certe strutture le scarse protezioni a
disposizione del personale non venivano imposte nel loro
utilizzo quotidiano ma si deve sottolineare il fatto -
concludono i magistrati - che le stesse autorità pubbliche
sanitarie deputate ad impartire le corrette prescrizioni da
adempiere per evitare il contagio, parevano avere approcci
scientifici fra loro contraddittori".
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