"Il nostro errore fu quello di
pensare che il popolo di Goethe e di Schiller mai avrebbe potuto
credere a Hitler". E' una frase pronunciata da Simon Wiesenthal,
il protagonista del drammatico monologo "Il cacciatore di
nazisti" scritto e diretto da Giorgio Gallione e andato in scena
il 2 dicembre al Duse in prima nazionale dopo l'anteprima estiva
al Campania Teatro Festival. Una produzione del Teatro Nazionale
di Genova con Ginevra Media Production e con un convincente
Remo Girone protagonista del monologo.
Attingendo direttamente a scritti e memorie dello stesso
Wiesenthal, Gallione racconta l'incredibile storia di questo
uomo ebreo che, sopravvissuto a cinque lager nazisti, ha
dedicato il resto della sua esistenza a dare la caccia ai
responsabili dell'Olocausto. La scena di Guido Fiorato è uno
spazio affollato da pile di schedari, che archiviano 22.500 nomi
di SS. Il fondale è una collezione macabra di occhi che fissano
impotenti. Gallione ha immaginato il Centro di documentazione
ebraica fondato da Simon Wiesenthal a Vienna. Nel 2003, nel
giorno del suo addio al lavoro, l'uomo si rivolge al pubblico,
ripercorrendo gli episodi emblematici di 58 anni trascorsi a
inseguire coloro che pianificarono la morte di più di 11 milioni
di persone, tra cui 6 milioni di ebrei. L'ex prigioniero numero
127371, scomparso nel 2005, è riuscito a consegnare alla
giustizia circa 1.100 criminali nazisti.
Il testo è una narrazione dura, forte, della malvagità
nazista: Wiesenthal alterna le sue riflessioni a letture di
lettere e documenti, da Anna Frank alla giovane "cronista" di
Vilnius le cui estreme parole affidate a un diario chiudono lo
spettacolo: "Non dimenticatemi mai. Mi fido di voi".
Accompagnato da una colonna sonora di Paolo Silvestri, lo
spettacolo è non solo una drammatica e coinvolgente riflessione
storica su uno dei momenti più tragici della storia
dell'umanità, ma anche un invito a non abbassare la guardia, a
vegliare sugli allarmanti segnali di risveglio di un neonazismo
mai davvero debellato
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