"Eravamo a metà del ponte quando
improvvisamente ho sentito un boato pazzesco, poi ci è mancato
l'asfalto sotto. Ho il ricordo vivido della torsione dell'auto
che è andata giù dal mio lato, quello del passeggero". E' il
racconto drammatico nel processo in corso per il crollo di ponte
Morandi fatto in aula da Rita Giancristofaro, che il 14 agosto
2018 con il fidanzato Federico Cerne stava venendo a Genova a
visitare l'Acquario. Invece entrambi, originari di Trieste ma in
vacanza ad Albisola, hanno fatto un volo di 50 metri e solo per
un caso possono raccontarlo.
"L'auto si è incastrata in una specie di conca tra i due
binari ed è per questo che l'asfalto è rimasto fare da tetto e
non ci ha schiacciato". Federico Cerne in realtà non è in grado
di raccontare quello che è successo perché è stato colpito da
un'amnesia che ha cancellato quanto accaduto: "Ricordo che ero
in autogrill dove ho fumato una sigaretta dopo il caffè e poi
ricordo l'uscita dalla sala operatoria" ha detto ai magistrati.
Rita Giancristofaro invece ricorda tutto. Il volo, i
soccorsi, il dolore fisico, poi l'arrivo in ospedale:
l'intervento e il risveglio dal coma farmacologico dopo diversi
giorni. Oltre alle conseguenze fisiche delle gravi lesioni
subite Giancristofaro, che era una maratoneta, ha descritto ai
magistrati le conseguenze psicologiche pesantissime chiedendo
scusa ai parenti delle 43 vittime.
"Non voglio sembrare irrispettosa nei confronti di chi ha
perso i propri cari ma anche se sono sopravvissuta non è che io
ogni mattina esco di casa facendo i salti di gioia perché
nessuno mi restituirà la spensieratezza della mia vita di prima
perché questa cosa non si supera". Tra gli altri testimoni
sentiti oggi una donna che portava il figlio e due amici in
stazione e ha visto il pilone crollare, l'abitante di una
palazzina che ha visto il ponte crollare e due lavoratori di
Amiu.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA