L'anti-infiammatorio Anakinra, usato per il trattamento dell' artrite reumatoide, riduce la mortalità dei malati gravi di Covid-19 in modo significativo, se dato in fase precoce della malattia, a differenza di un altro anti-infiammatorio, il tocilizumab, sperimentato nei mesi scorsi. Lo indica uno studio dell'ospedale San Raffaele di Milano, pubblicato sulla rivista Lancet Reumathology.
La ricerca, coordinata da Lorenzo Dagna e Giulio Cavalli, ha messo a confronto l'efficacia di due diversi tipi di anti-infiammatori su pazienti con forme gravi di Covid-19: anakinra (inibitore dell'Interleuchina IL-1), e tocilizumab e sarilumab (inibitori di IL-6). E' così emerso che, a differenza di questi ultimi, solo con anakinra si ha una riduzione sostanziale della mortalità, ma se dato tempestivamente ai pazienti. "I tassi di mortalità del Covid-19 sono in buona parte associati all'emergere, nei pazienti con forme gravi della malattia, della cosiddetta sindrome da tempesta citochinica, uno stato iper-infiammatorio caratterizzato da una risposta immune eccessiva e dannosa", spiega Dagna.
"Fin dall'inizio si è ipotizzato che le citochine più coinvolte nel processo infiammatorio fossero IL-1 e IL-6 - continua - I primi tentativi di trattamento si erano concentrati sull'inibizione di IL-6, soprattutto attraverso la somministrazione di tocilizumab", che però ha mostrato di avere una scarsa efficacia. Il San Raffaele è stato il primo istituto a testare anakinra, farmaco utilizzato abitualmente per l'artrite reumatoide e altre gravi malattie infiammatorie. La ricerca dimostra inoltre l'importanza di intervenire in fase precoce, quando i danni della malattia sono ancora contenuti.
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