Ricorrono oggi i 40 anni dalla
frana di Ancona, "un fenomeno geologico che la città ha ancora
ben impresso nella memoria e che causò danni a quasi 300
edifici, tra i quali due ospedali, un edificio universitario,
altre strutture pubbliche e che obbligò le autorità a evacuare
oltre 3.500 persone". Lo ricorda Piero Farabollini, presidente
dell'Ordine dei Geologi delle Marche, che avverte: "è doveroso
ricordare l'anniversario di quella data drammatica, ma è
altrettanto fondamentale tenere a mente che quella frana non
appartiene al passato, ma è un fenomeno geologico tutt'ora in
corso".
"È per questo motivo - continua Farabollini - che il
versante della collina del Montagnolo, che il 13 dicembre del
1982 si abbatté sulla periferia ovest della città, è
costantemente osservato e monitorato grazie a un complesso
sistema di sensori, per rilevarne ogni movimento. Il dissesto
idrogeologico è una condizione con la quale i marchigiani, e gli
anconetani in questo caso specifico, convivono da tempo. -
ammette - Ma come spesso ricordiamo, i cambiamenti climatici in
atto stanno peggiorando un quadro già complesso: precipitazioni
intense e concentrate in pochissime ore sono sempre più
frequenti e, in un contesto fragile come quello della nostra
regione, possono provocare enormi danni".
"Ecco perché è arrivato il momento di mettere mano seriamente
al Piano di assetto idrogeologico (Pai), attraverso indagini
geognostiche che possano definire in modo certo pericolosità e
rischio connessi ai fenomeni franosi. - auspica Farabollini - Il
caso di Ischia dovrebbe essere un monito. Ed è dovere di tutti,
istituzioni e professionisti, informare e formare la popolazione
sulle pericolosità naturali perché solo così si aumentano
sicurezza e resilienza. Il territorio non si cambia, bisogna
però imparare e gestirlo e a conviverci".
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