Il naufragio dimenticato del transatlantico 'Africa'
100 anni dal disastro in cui morirono 600 persone
12 gennaio, 21:32(di Anna Lisa Antonucci) - Nelle acque a largo di Bordeaux morirono in tanti, 568 persone, tra cui 192 cannonieri senegalesi che tornavano a casa dopo aver servito la Francia nel corso della prima guerra mondiale. Eppure il naufragio del transatlantico 'Africa' sembra dimenticato, cancellato dalla memoria e dai libri di storia. Il 12 gennaio saranno cento anni da quella tragedia avvenuta nel 1920 dalla quale si salvarono solo una trentina di persone.
A ricostruire i fatti è stato Roland Mornet nel libro 'La tragedia della nave Africa' per ricordare alla Francia un avvenimento tagliato via dalla sua storia. Una mancanza sottolineata anche dal saggista franco-senegalese Karfa Diallo che, con una lettera aperta a Macron, pubblicata dal sito 'Jeune Afrique', ha recentemente invitato il presidente francese a onorare la memoria dei cannonieri senegalesi morti nel disastro marittimo
. L'Africa era una nave della Società dei concessionari combinati (CCR) trasportava sia merci che passeggeri. Durante la prima guerra mondiale, servì come collegamento Bordeaux-Dakar. Il suo capitano, Antoine La Dù era stato decorato con la Legion d'Onore il 20 gennaio 1919. Il 7 gennaio 1920, il transatlantico ottiene il rinnovo del permesso di navigazione dopo una serie di riparazioni. Salpa due giorni dopo alle 19 dell'estuario fluviale del corso d'acqua formato dai fiumi Dordogna e Garonna, che confluiscono a valle di Bordeaux, con 600 persone a bordo, tra cui 135 uomini di equipaggio.
Il tempo è brutto, i marinai sanno che quando si esce dal fiume, sarà peggio. La mattina del 10 gennaio, l'Africa raggiunge il mare, già grosso. Alle 10 del mattino la nave deve rallentare la sua andatura a causa della presenza di acqua nel locale caldaia. Mentre si cerca l'origine della perdita le pompe si bloccano a causa dei residui di combustione del carbone che arrivano a intasare i tubi di aspirazione. La sera del 10 gennaio, la nave comincia a sbandare. Intorno a mezzanotte, il capitano decide di fare marcia indietro ma ciò risulta impossibile a causa della mancanza di velocità della nave. L'11 gennaio alle 7 del mattino il capitano lancia la richiesta di aiuto.
Due rimorchiatori di stanza a Rochefort ricevono l'ordine di prepararsi a raggiungere la nave, mentre la Ceylon, un altro transatlantico, devia per salvare l'Africa. Intanto la nave, priva di energia elettrica, naviga al buio. La Ceylon non riesce ad avvicinarsi. Verso le 22 l'Africa colpisce qualcosa, forse un palo d'acciaio che indica l'altezza del fondale. Una nuova falla si apre nello scafo. Poco dopo le tre del mattino del 12 gennaio 1920, la nave si inabissa. La Ceylon recupererà nove membri dell'equipaggio e tredici senegalesi da una zattera. Uno di loro muore poco dopo. In tutto, ci saranno solo 34 sopravvissuti. Nell'immediatezza del fatto i giornali ne parlano, ma la notizia rapidamente sbiadisce soppiantata dalla vittoria a sorpresa di Paul Deschanel su Georges Clemenceau nelle elezioni presidenziali francesi. Un'indagine viene avviata sentendo i sopravvissuti e gli esperti per stabilire le cause della tragedia. Negli anni che seguirono, tra il 1923 e il 1930, la Compagnia di navigazione sarà ripetutamente citata in giudizio dalle famiglie dei passeggeri, ma sembra che solo i parenti dei membri dell'equipaggio ottennero risarcimenti. Il relitto si trova ora 45 metri a nord dell'altopiano di Rochebonne. Secondo Mornet, la Francia ha dimenticato i passeggeri dell'Africa e il sacrificio imposto ai suoi soldati "indigeni". In memoria della tragedia esiste un francobollo emesso nel 1990 dalla Costa d'Avorio e Mornet si è speso per l'installazione di una stele in memoria delle vittime del naufragio. Ciò che ''disturba'' secondo l'autore del libro ed anche il saggista Karfa Diallo è l'assoluto oblio del governo francese, in particolare nei confronti degli artiglieri senegalesi che tornavano a casa dopo aver combattuto per la Francia. Gli eroi africani scomparsi quella notte del gennaio 1920, così come i pochi sopravvissuti, hanno un nome: 'Stiamo aspettando che la Francia, magari attraverso la voce del suo presidente, pronunci ufficialmente i loro nomi, a voce alta ed intelligibile. Glielo dobbiamo'', ha scritto Diallo nella lettera a Macron. (ANSA).