Nato: il Nurc cambia vertice e pelle, spazio ai privati
Anche Centro ricerca sottomarina fa conti con risorse scarse
30 ottobre, 21:16 (ANSA) - LA SPEZIA, 29 OTT - Cambio al vertice del Nurc, il centro ricerca sottomarina della Nato, specializzato in progetti complessi in ambito militare, ambientale e civile, nato nel 1959, in piena guerra fredda, con il nome di Saclant. François Re'gis Martin-Lauzer lascia la direzione al dottor Dirk Tielbuerger e traccia un bilancio positivo del mandato.
''Tanti, i prodotti tecnologici di spessore - spiega - la barriera acustica per scoprire gli intrusi nei porti, lo sviluppo dei veicoli sottomarini a basso costo, di simulatori di sorveglianza marittima, le cortine trainate di piccolo diametro, lo studio del comportamento di gruppo, per sciami, dei veicoli autonomi, i sistemi di comando per flotte di alianti sottomarini, la standardizzazione di un linguaggio acustico sottomarino, lo Janus, la messa a punto di un sistema cacciamine autonomo, la valutazione delle prestazioni dei dispositivi di autoprotezione e adattamento per navi e infrastrutture critiche, l'oceanografia di prossima generazione''.
Il centro, spiega, si e' evoluto. Intanto, ha iniziato a lavorare in regime di finanziamento ibrido: ''Nel 2006 i fondi Nato non erano ancora affiancati da alcuna commessa esterna - prosegue Martin-Lauzer - nel 209 siamo saliti al 19%. Abbiamo poi ottenuto il riconoscimento dell'utilita' del Nurc da parte dei comandi navali della Nato e ci siamo aperti alle comunita' locali, partecipando al distretto ligure delle tecnologie marine, ma anche con corsi alle Universita' di Genova e Pisa, partecipando ai programmi di ricerca della comunita' europea''.
Il Nurc si e' aperto all'industria e al mondo accademico, oltre che alle Marine militari. E' anche questa una via di sopravvivenza possibile, perche' i costi sono alti: ''Il lavoro del Nurc non e' superato, e ancora e' utile alla Nato - spiega - non si fa piu' ricerca sulla guerra sottomarina, ma si opera sul fronte antimine, e comunque sia siamo uno dei pochi istituti pubblici di ricerca marittima e militare del mondo occidentale.
Dal 2006 al 2009, dopo 15 anni di diminuzioni, si e' assistito ad una crescita dei finanziamenti, ma ancora le nostre navi non sono utilizzate al pieno delle possibilita'. Ora, dopo 50 anni di vita come filiale della ricerca sottomarina, stiamo sviluppando rapporti con i cluster in Europa e aiutando la nascita di un cluster alla Spezia, ma molte questioni non sono definite''.
Il Nurc sta cambiando pelle, aprendosi alle commesse esterne, ai progetti europei: ''Un indirizzo piu' commerciale - sottolinea - perche' le difficolta' ci cono e ci saranno. Ma e' in corso anche una riforma della Nato. Vedremo come si evolvera'''.
Le prossime sfide, partono dalla realizzazione di un nuovo modello di business, cosi' come approvato dal comando militare Nato e dal Consiglio Atlantico: ''Un modello simile a quello dell'Istituto Fraunhofer in Germania - anticipa - si dovra' definire il futuro del Nurc, con il supporto del comando Nato per la trasformazione di Norfolk, risolvere la questione della proprieta' intellettuale dei prodotti del Centro, e continuare l'opera di informazione alle nazioni, per offrire l'accesso ai nostri servizi, autorizzando l'industria nazionale a lavorare insieme al Nurc, per favorire la transizione della ricerca verso i mercati''.
La ricerca militare, sottolinea con un sorriso François Re'gis Martin-Lauzer, e' ''una anomalia'': ''La ricerca deve essere aperta, ma quella militare e' chiusa: la sfida vera e' trovare un equilibrio fra apertura e chiusura''.
Infine, una battuta sull'atteggiamento di ''conservazione'' dell¿industria ligure: ''Penso che ci vogliano si' politiche di sostegno, ma anche alla creazione di nuove imprese, e non solo per mantenere quello che c'e' gia'''.
François Re'gis Martin-Lauzer sottolinea anche i tempi dello sviluppo delle idee: ''Le tecnologie che andiamo ad applicare oggi, ad esempio anche sulle fregate Fremm, sono quelle di ieri. Gia' noi siamo avanti: ma per applicare una novita' ci vogliono trent'anni di transizione, nel militare. La tecnologia che si attiva adesso, e' quella che noi per primi al mondo abbiamo sviluppato negli anni Ottanta. Nel civile i tempi sono piu' rapidi''.
E poi ci sono i casi paradossali: come il gommone capace di muoversi e far tutto da solo, costato 60mila euro, che non si puo' mettere in mare. ''La legge impone una persona almeno a bordo, altrimenti non si puo' navigare: c'e' anche il problema delle coperture assicurative. Cosi', anche se il mezzo e' autonomo, siamo costretti a farlo girare con un tecnico a bordo, che in realta' non fa assolutamente niente. La tecnologia in questo caso e' piu' avanti rispetto alle normative''. (ANSA).