Epidemiologia
La parodontite riguarda a livello globale oltre un individuo su due (il 60% della popolazione adulta). I dati epidemiologici che fanno riferimento alle popolazioni dei paesi occidentali mostrano che l’incidenza della malattia parodontale tende ad aumentare con l’età. Colpisce circa il 30% dei soggetti di età compresa tra i 25 e i 29 anni e il 40% dei soggetti di età compresa tra i 30 e i 40 anni. Oltre il 50% dei soggetti con un’età compresa tra i 55 ed i 64 anni presenta almeno una tasca parodontale. Se si prende in considerazione la distribuzione delle tasche di dimensioni uguali o superiori ai 6 mm di profondità, circa il 50% degli individui di età oltre i 65 anni presenta almeno una tasca.
Caratteristiche principali della parodontite
Si tratta di una malattia complessa e di origine multifattoriale: tra i fattori di rischio vi sono sicuramente l’obesità, il fumo, il diabete, ma non si escludono predisposizioni genetiche individuali a contrarre la malattia. Il fumo costituisce un fattore di rischio fondamentale nella parodontite cronica, nella parodontite aggressiva nonché in quella refrattaria alla terapia. I fumatori hanno una probabilità approssimativamente triplicata di soffrire di parodontite grave rispetto ai non fumatori e l’efficacia delle terapie risulta dimezzata. Inoltre le condizioni parodontali del fumatore sono almeno quindici anni più avanzate dello stato parodontale di coetanei non fumatori. Anche in individui al disotto dei 40 anni di età, i fumatori mostrano parodontite e perdita di denti con incidenza doppia rispetto ai non fumatori.
La malattia è caratterizzata da un’infezione batterica che colpisce il “parodonto”, cioè l’insieme di strutture preposte al sostegno degli elementi dentali. La risposta infiammatoria causata da questa infezione provoca la distruzione di queste strutture di sostegno; per questo, se non viene trattata in maniera adeguata e tempestiva, la parodontite porta inevitabilmente nel tempo alla perdita dei denti.
Sintomatologia
Decorre spesso silente per anni o accompagnata da sintomi a cui non viene attribuita importanza, come il sanguinamento gengivale. Altri segni clinici della malattia sono l’abbassamento delle gengive con scopertura delle radici dei denti, l’alitosi, la mobilità dentale, la sensibilità diffusa al caldo e al freddo, lo spostamento degli elementi dentali. Il più delle volte questi campanelli d’allarme, soprattutto il primo che è anche il più importante perché consente di intercettare il problema prima che faccia danni irreversibili, vengono trascurati o non sono riconosciuti fino a quando è troppo tardi per poter salvare i denti.
Non a caso una vasta indagine pubblicata di recente sulla rivista Oral Diseases mostra che sono dieci in media i denti persi da un paziente con parodontite e che in circa un caso su due la diagnosi di malattia non viene effettuata prima dell’estrazione dentale.
Parodontite, i danni non si limitano alla bocca
La parodontite, inoltre, non si limita a fare danni nel cavo orale: negli ultimi anni in numerose ricerche scientifiche è risultata collegata a diverse malattie sistemiche, con meccanismi e dinamiche in gran parte ancora da approfondire. Ad esempio è ormai confermato da innumerevoli dati scientifici il legame tra piorrea e diabete, con una relazione biunivoca, ovvero chi ha il diabete ha un maggior rischio di ammalarsi di parodontite e viceversa. Inoltre la cura della parodontite migliora il controllo della glicemia nel diabetico e allo stesso modo tenere sotto controllo il diabete aiuta a ridurre il rischio di parodontite.
E non è tutto, la parodontite è stata collegata alle malattie cardiovascolari, probabilmente attraverso meccanismi molteplici che riguardano sia il quadro infiammatorio del paziente, sia la funzione vascolare. Curare la parodontite, infatti, si associa per esempio a una riduzione delle molecole (citochine) infiammatorie a livello sistemico.
La parodontite si associa anche alle patologie neurodegenerative, non a caso gli anziani con parodontite non trattata e segni di demenza senile hanno un declino cognitivo sette volte più rapido rispetto a quelli che ricevono un livello adeguato di trattamento parodontale. Inoltre di recente è stata dimostrata la presenza di batteri della parodontite nel cervello di pazienti con Alzheimer: in particolare in uno studio pubblicato da poco sulla rivista Science Advances si dimostra la presenza di Porphyromonas gingivalis (Pg), uno dei principali batteri della parodontite, nel cervello di pazienti con Alzheimer e anche delle tossine batteriche (una famiglia di proteine chiamate ‘gingipaine’) nelle loro cellule nervose, mostrando anche che i danni al cervello dei pazienti sono tanto più marcati quanto maggiore è la concentrazione delle tossine batteriche.
E vi sono importanti correlazioni anche tra la le patologie polmonari, renali, oculari, otorinolaringoiatriche, osteoporosi, nonché con ben 22 forme di tumore, tra cui il carcinoma del pancreas (che ha un rischio di insorgenza doppio nei malati di parodontite) e il carcinoma del colon-retto (che si associa quasi sempre alla presenza nel tratto di intestino interessato del Fusobacterium Nucleatum che è uno dei principali microrganismi causanti la parodontite).
La parodontite è infine collegata anche a problemi di concepimento e infertilità femminile, come dimostrato da vari studi scientifici, tra cui uno condotto qualche anno fa presso la Western University of Australia su un campione di 3mila donne in cui si dimostra che quelle affette da parodontite hanno impiegato in media sette mesi per rimanere incinte contro i cinque delle donne "sane". Anche il Ministero della Salute ha emesso in merito al problema, nel 2014, un importante documento con delle raccomandazioni per la promozione della salute orale in età fertile e prima di una gravidanza.
Infatti gli effetti della parodontite nell’inizio e negli sviluppi di una gravidanza, possono essere diversi e dovuti alla capacità dei batteri parodontali e delle loro tossine di entrare in circolo, passare il filtro placentare e concentrarsi nel liquido amniotico ritardando lo sviluppo del feto fino a portare a un parto pretermine e alla nascita di bambini sottopeso. La parodontite non trattata è stata inoltre associata a poli-abortività precoce (nel primo trimestre di gravidanza).
Restano per lo più da scoprire i complessi meccanismi che ruotano dietro l’origine della parodontite e le sue ricadute a livello della salute generale della persona. È solo di recente che si è andato delineando il ruolo chiave del ‘microbiota’ (l’insieme delle popolazioni di microrganismi in simbiosi col nostro corpo) che popola i vari distretti del nostro organismo (ad esempio nella bocca, nell’intestino e sulla pelle) cooperando al suo corretto funzionamento e, in caso di disequilibrio (disbiosi) contribuendo allo sviluppo di malattie. Non a caso sono sempre più evidenti le correlazioni tra il microbiota del cavo orale e l’insieme di microrganismi che popola, ad esempio, l’intestino e il tratto uro-genitale. Per tutti questi motivi è indispensabile curare e, ancor meglio, prevenire l’insorgenza di questa malattia nella maniera corretta.