(di Marco Patricelli)
Il colpo di cannone sparato alle 4.45 del 1 settembre 1939
dalla vecchia corazzata tedesca Schleswig-Holstein contro la
fortezza polacca di Westerplatte, nella città libera di Danzica,
dava inizio alla guerra tedesco-polacca che di lì a qualche
giorno avrebbe fatto esplodere la seconda guerra mondiale. Un
conflitto che Adolf Hitler aveva preparato con spregiudicate
mosse politiche, ma che secondo i piani militari avrebbe dovuto
divampare il 26 agosto, ovvero tre giorni dopo il Patto
Ribbentrop-Molotov firmato a Mosca nella notte del 23. Era
proprio il trattato nazi-sovietico la chiave di volta per una
guerra che il Reich non voleva combattere da subito su due
fronti (il vecchio incubo tedesco), tanto da chiedere e ottenere
l'alleanza col nemico ideologico per eccellenza: l'Urss di
Stalin. Oltre a essere al di fuori di ogni schema ispirato al
patto Briand-Kellog, la cui filosofia era di evitare o
circoscrivere i conflitti, il testo elaborato dalla Cancelleria
e dal Cremlino favoriva invece proprio la guerra d'aggressione,
la cui prima vittima diretta era la Polonia, destinata a essere
spartita, e poi una fascia dell'Europa nord-orientale suddivisa
preliminarmente in sfere d'influenza. L'Urss durante il Processo
di Norimberga negherà la genuinità del microfilm della versione
tedesca e per decenni ha negato l'esistenza stessa del
protocollo segreto con cui Hitler e Stalin si spartivano alcune
nazioni indipendenti. La storiografia marxista ortodossa, e
segnatamente la propaganda di sinistra, per negare l'alleanza
nazi-comunista continua ancora oggi a fornire un'interpretazione
distorta dei fatti, sostenendo l'inesistenza del protocollo
segreto (una cui copia è però riemersa poche settimane fa dagli
archivi russi) e ridisegnando l'aggressione sovietica del 17
settembre come la riconquista dei territori orientali occupati
dai polacchi dopo la vittoria sui russi del 1920 e il trattato
di Riga del 1921. Di vero c'è solo che Stalin, da allora,
aspettava solo il momento propizio per vendicarsi della Polonia,
che nel 1939 verrà definita «il bastardo di Versailles», e quel
momento gli era stato fornito a costo zero da Hitler che era
riuscito a staccarlo da un'alleanza con Francia e Gran Bretagna
in funzione antitedesca. Per smentire l'antistorica tesi
sovietica è peraltro sufficiente leggere l'intervento di Stalin
al Politburo del 19 agosto, che orientò verso la stipula del
Patto Ribbentrop-Molotov. Il conflitto programmato dal Führer e
dagli strateghi della Wehrmacht col nome di Fall Weiss (Caso
Bianco), avrebbe dovuto esplodere il 26 agosto, proprio perché
l'Oberkommando der Wehrmacht aveva imposto come data limite il 1
settembre per non avere condizioni meteorologiche sfavorevoli
agli spostamenti delle divisioni corazzate che avrebbero dovuto
inaugurare la Blitzkrieg sulle pianure polacche. Ma il 25 agosto
due eventi imprevisti, ma prevedibili, avevano impedito
l'attacco: la firma del patto di mutua assistenza anglo-polacco,
ufficializzata il pomeriggio, e lo sganciamento dell'Italia di
Mussolini dall'ipotesi di affiancare subito Hitler in base alle
previsioni del Patto d'Acciaio, sottoscritto il 22 maggio, che
il primo settembre sarebbe stato ufficializzato con la formula
della «non belligeranza». E fu solo per una serie di circostanze
che l'ordine di annullare il Fall Weiss riuscì ad arrivare a
tutte le unità mobilitate lungo i confini tedesco-polacchi,
nella notte del 25. Per imporre all'opinione pubblica la
versione addomesticata delle responsabilità, in un crescendo di
denunce di prevaricazioni e provocazioni polacche, i tedeschi
ebbero così pure il tempo di allestire il teatrino di un finto
attacco alla stazione radio di Gleiwitz, elaborato da Reinhard
Heydrich, da parte di SS con uniformi polacche: una sparatoria,
alcuni cadaveri con la divisa dell'esercito polacco (prigionieri
dei lager preventivamente giustiziati) e un virulento annuncio
antitedesco ai microfoni (che nessuno poteva ascoltare perché
Gleiwitz ripeteva solo il segnale di Radio Bratislava: ma a
questo non aveva pensato nessuno). Per "reazione" alle 4.45 un
colpo di cannone della vecchia corazzata in visita di cortesia
alla Città libera seguì la parola d'ordine «la nonna è morta»,
con l'attacco senza dichiarazione di guerra. La Polonia
aggredita informò immediatamente Parigi e Londra per avere dai
due alleati l'aiuto militare sperato e promesso da vincolanti
trattati. Per elaborare e inoltrare l'ultimatum occorsero invece
tre giorni, ma quando Gran Bretagna e Francia mantennero la
parola il Reich neppure rispose per via diplomatica alla
richiesta, peraltro inaccettabile, di ritirare le truppe
vittoriose. I polacchi si sarebbero fatti massacrare fino alla
fine di settembre in attesa di un'offensiva da ovest che non
sarebbe mai arrivata. Ma da est sarebbero invece arrivate a
valanga le divisioni di Stalin. Il 17 settembre, dopo diverse
sollecitazioni da parte tedesca a prendersi la parte promessa di
bottino, il dittatore georgiano ritenne maturo il frutto polacco
e a sua volta invase con l'Armata Rossa lo sventurato Paese
dell'aquila bianca. Era solo il primo atto della tragedia
europea che si sarebbe esaurita solo sei anni dopo, con 60
milioni di morti e atrocità di cui l'umanità non aveva memoria,
e con la fine della leadership mondiale del vecchio continente.
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