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Dopo Kumanovo crescono timori per stabilità della Macedonia

Si inasprisce la crisi politica nell'ex repubblica jugoslava

12 maggio, 15:33

di Stefano Giantin

 

(ANSA) - TRIESTE - Mesi interminabili di crisi politica. L'opposizione socialdemocratica che da febbraio accusa il governo conservatore di aver creato uno Stato di polizia e di aver illegalmente intercettato per anni migliaia di giornalisti, diplomatici, religiosi, politici e di aver commesso brogli elettorali. Il premier Nikola Gruevski, che ribatte tacciando di golpismo il leader socialdemocratico, Zoran Zaev. La rabbia in piazza che monta, con manifestazioni e incidenti a Skopje durante le ripetute proteste contro l'esecutivo, sassi e bottiglie scagliati in aria, le forze dell'ordine che rispondono con lacrimogeni e idranti. E ora anche gli scontri tra polizia, forze speciali e un misterioso gruppo di uomini armati - introdottisi in Macedonia da un non meglio precisato Paese confinante, secondo le autorità - a Kumanovo, nel nord del Paese, un'area toccata dall'insurrezione albanese del 2001.

 

Sono giorni, settimane di acutissima tensione in Macedonia, nazione che sta affrontando quella che appare essere la più grave crisi interna della sua storia recente. Ma quanto è instabile il Paese? Cosa può accadere nella piccola ex repubblica jugoslava alla luce dei fatti di questi giorni?

 

"La situazione è molto allarmante, perché da una parte abbiamo le proteste dell'opposizione e ora l'intervento dei nuclei anti-terrorismo a Kumanovo. Se si considerano anche i pericoli del nazionalismo albanese e le proteste della società civile allora siamo in presenza di un cocktail pericoloso", illustra ad ANSA Nuova Europa il professor Zhidas Daskalovski, politologo del Centre for Research and Policy Making di Skopje. Per Daskalovski, l'unica via praticabile al momento è sperare in uno stop "alle proteste da parte dell'opposizione", in una "posizione costruttiva" dei governi del Kosovo e della Serbia, che hanno già espresso preoccupazione per gli eventi macedoni e, "alla fine delle operazioni anti-terrorismo a Kumanovo, augurarsi che le tensioni si allentino e che si torni a soluzioni politiche" per superare i problemi. La cosa certa è che oggi "per il governo è impossibile dare le dimissioni, perché ciò solo complicherebbe la situazione. C'è bisogno di una transizione pacifica, di un consenso per concordare i prossimi passi per uscire dalla crisi", riforme istituzionali incluse, per approdare poi a "elezioni, anche anticipate".

 

"Si tratta forse della più seria crisi della Macedonia dall'indipendenza a oggi", gli fa eco la politologa Biljana Vankovska. "Questa volta - chiarisce Vankovska - ci sono gravi scontri intraetnici", non interetnici come nel 2001, "con le due maggiori forze politiche che si accusano a vicenda" in continuazione, aggravando continuamente la situazione. "Al momento non ci sono segnali da parte degli schieramenti politici" più importanti, continua l'analista, i socialdemocratici di Zoran Zaev e i conservatori del Vmro-Dpmne di Gruevski, "che siano pronti a sedersi attorno a un tavolo, nella sede giusta, il Parlamento, dove l'opposizione dovrebbe tornare invece di accusare il governo di essere dietro gli incidenti di Kumanovo". Anche "la comunità internazionale, specialmente l'Ue, ha sottolineato più volte nei mesi e nelle scorse settimane che il luogo deputato alla risoluzione della crisi sono le istituzioni e l'isolamento dell'opposizione non aiuta in alcun modo", chiosa Vankovska.

 

Nel frattempo, le scene di guerra a Kumanovo, le esplosioni e i colpi d'arma da fuoco rischiano di far precipitare gli eventi e le preoccupazioni si accentuano in vista della grande manifestazione di piazza messa sul tavolo dall'opposizione socialdemocratica per il prossimo 17 maggio, a Skopje. Non solo: la tensione politica potrebbe in un futuro non lontano riverberarsi sulla delicatissima bilancia etnica del Paese balcanico, due milioni di abitanti, il 25-30% parte della minoranza albanese, facendo aumentare le chance del 'worst-case scenario', lo scenario peggiore, in una Macedonia che, oltre a vivere sospesa nel limbo della congelata integrazione euroatlantica causa diatriba sul nome del Paese con la vicina Grecia, teme ora nuove drammatiche lacerazioni intestine. (ANSA).

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