"La visita si svolgerà in condizioni particolari per le misure anti Covid. Ma il vero problema, che le autorità vaticane si pongono, è se ci siano le condizioni di sicurezza per il Papa, il seguito e la popolazione che lo accoglierà. L'attentato del 21 gennaio ha impensierito tutti. Forse mai un viaggio di Francesco si è presentato così rischioso. I responsabili vaticani e le agenzie d'intelligence fanno le loro valutazioni. Ma la scelta finale è del Papa, che desidera molto compiere questa visita". E' quanto scrive lo storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, in un articolo su 'Vita pastorale' a proposito del viaggio in Iraq di papa Francesco, in programma da venerdì a lunedì prossimi.
"La notizia è che non solo il Papa ritorna a viaggiare, ma che si tratta di una visita molto importante - commenta -. Giovanni Paolo II sarebbe voluto andare pellegrino in Iraq, nella terra di Abramo, ma gli fu impedito per motivi politici da Saddam Hussein. Allora era una dittatura crudele e sanguinaria, ma la situazione era sotto controllo. Oggi, dopo anni violenti, guerre, attentati, la situazione è molto difficile". Infatti, "tanti cristiani hanno abbandonato il Paese o si sono spostati da Baghdad (dove nel Novecento erano emigrati) al Kurdistan. Si calcola che i cristiani, che erano 1-1,4 milioni all'inizio del XXI secolo ora sono 3-400mila. Una diminuzione di due terzi".
Riccardi ricorda che "il 21 gennaio scorso è avvenuto un agghiacciante attentato, attribuito a Daesh: due terroristi suicidi si sono fatti saltare nella centrale piazza Tayaran di Baghdad, provocando più di 30 morti, feriti e panico. Era dal 2019 che non accadevano episodi simili". "Nel 2010 il terrorismo aveva colpito la cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora della salvezza a Baghdad, dove erano morte 42 persone - aggiunge -. Il Papa, appena arrivato nella capitale irakena visiterà questa chiesa per rendere omaggio a quei caduti e complessivamente a una Chiesa di martiri".
Ripercorre quindi le tappe "nelle terre ancestrali dei cristiani", come Mosul, Qaraqosh, la Piana di Ninive, già occupate da Daesh. Poi la piana di Ur, "dove è radicata la memoria di Abramo", e dove "Giovanni Paolo II, nel 2000, sognò di venire da pellegrino". E ancora la visita a Najaf e l'incontro col grande ayatollah Al Sistani, che "aprirebbe un nuovo fronte di dialogo con l'islam sciita". E naturalmente l'incontro con la minoranza cristiana, "attaccata alle sue radici e alla sua terra, ma aperta a collaborare con tutti".
"Così il primo viaggio di un papa in Iraq e nel Medio Oriente arabo (se si eccettua la Terra Santa) - conclude Riccardi - acquista un grande rilievo per il Paese e la pace".