(di Fausto Gasparroni)
(ANSA) - CITTÀ DEL VATICANO, 11 APR - Una croce da portare
insieme, uniti, una famiglia ucraina ed una russa. Sarà
l'immagine 'clou' della Via Crucis presieduta dal Papa, che in
questo Venerdì Santo torna nel tradizionale scenario del
Colosseo, dopo gli anni della pandemia. A portare la croce nella
14 stazioni saranno delle famiglie con diverse caratteristiche e
problemi: nella penultima stazione - in cui "Gesù muore sulla
croce" - la porteranno una famiglia russa e una ucraina;
nell'ultima - "Il corpo di Gesù è deposto nel sepolcro" - una
famiglia di migranti. E ad esse si devono anche le rispettive
meditazioni, affidate loro dal Papa.
"La morte intorno. La vita che sembra perdere di valore.
Tutto cambia in pochi secondi. L'esistenza, le giornate, la
spensieratezza della neve d'inverno, l'andare a prendere i
bambini a scuola, il lavoro, gli abbracci, le amicizie… tutto.
Tutto perde improvvisamente valore - è il grido delle due
famiglie dei Paesi in guerra -. 'Dove sei Signore? Dove ti sei
nascosto? Vogliamo la nostra vita di prima. Perché tutto questo?
Quale colpa abbiamo commesso? Perché ci hai abbandonato? Perché
hai abbandonato i nostri popoli? Perché hai spaccato in questo
modo le nostre famiglie? Perché non abbiamo più la voglia di
sognare e di vivere? Perché le nostre terre sono diventate
tenebrose come il Golgota?'". E ancora: "Signore dove sei? Parla
nel silenzio della morte e della divisione ed insegnaci a fare
pace, ad essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le
bombe avrebbero voluto annientare". "Ormai siamo qui. Siamo
morti al nostro passato. Avremmo voluto vivere nella nostra
terra, ma la guerra ce lo ha impedito - dice invece la famiglie
di migranti -. Siamo venuti qui per i nostri figli. Moriamo ogni
giorno per loro, perché qui possano provare a vivere una vita
normale, senza le bombe, senza il sangue, senza le
persecuzioni". Ancora un segno di compassione e vicinanza, da
parte del Pontefice, per chi è coinvolto nei conflitti, e di
speranza perché finiscano: come dimostra anche la "tregua
pasquale" per "arrivare alla pace attraverso un vero negoziato",
invocata dal Papa per l'Ucraina.
Ma intanto, nel mondo ecumenico divampa il subbuglio a
seguito delle continue dichiarazioni del patriarca russo Kirill
a sostegno del conflitto militare in corso in Ucraina e a favore
del presidente Putin. Dichiarazioni tali da spingere alcuni a
chiedere al Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc) di "espellere"
il Patriarcato di Mosca.
"Non posso prevedere la decisione del prossimo Comitato
centrale a giugno, ma credo che sarà una delle questioni più
calde sul tavolo", dice al Sir il segretario generale ad
interim, rev. Ioan Sauca, che ricorda di aver scritto
personalmente al patriarca Kirill e di aver richiamato anche i
presidenti dei due Paesi per fermare la guerra. Tuttavia,
avverte, "siamo chiamati a usare il linguaggio della fede, della
nostra fede. È facile escludere, scomunicare, demonizzare; ma
siamo chiamati come Wcc ad essere una piattaforma di incontro,
dialogo e ascolto anche se e quando non siamo d'accordo".
Ma anche i sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina del
Patriarcato di Mosca stanno raccogliendo firme per un appello al
Consiglio dei primati delle antiche Chiese orientali per "una
causa contro il patriarca Kirill", riporta l'Ukrainska Pravda
citando l'arciprete Andriy Pinchuk. "Il patriarca di Mosca
Kirill sostiene apertamente la guerra di aggressione della
Russia contro l'Ucraina e noi sacerdoti della Chiesa ortodossa
ucraina, abbiamo deciso di fare appello al Consiglio dei primati
delle antiche Chiese orientali contro di lui", ha sottolineato
l'arciprete annunciando che l'appello è già stato firmato da 191
sacerdoti di diverse diocesi. (ANSA).