(ANSA) - LOURDES (FRANCIA) - Andare a Lourdes per cercare una guarigione, non da una malattia ma da una sofferenza. "La solitudine il problema più grande in questo momento. Tra i nostri pellegrini ci sono tante persone sole, soprattutto anziani. Partono da soli, vivono da soli": lo racconta il presidente dell'Unitalsi Antonio Diella spiegando come cambia di anno in anno il pellegrinaggio, in particolare a Lourdes, il santuario mariano sui Pirenei francesi. "Tra i problemi nuovi che riscontriamo ci sono anche le famiglie in crisi per vari motivi, per difficoltà economiche, perché non hanno lavoro, ma anche perché vivono difficoltà e lacerazioni all'interno. Vengono a Lourdes per ritrovare un senso ultimo della vita", dice Diella a margine del pellegrinaggio nazionale dell'associazione in corso nella cittadina mariana della Francia.
L'Unitalsi accompagna ammalati, disabili e pellegrini verso i santuari da 115 anni e ha visto un profondo mutamento nel corso degli anni. "Ci occupiamo sempre di più - riferisce Diella - dei cosiddetti 'invisibili', non solo nei pellegrinaggi ma in un lavoro di accoglienza che prosegue anche dopo i viaggi, nelle nostre sezioni territoriali. C'è gente che da sola non cucina, non mette a posto la casa, comincia a trascurare tutto. Stiamo costruendo una rete sul territorio per dare un aiuto. E' la nostra Lourdes quotidiana".
Nuove frontiere per un'organizzazione che si occupa di viaggi della fede, da alcuni anni in crisi. Se nel 2012 l'Unitalsi aveva portato a Lourdes 53.408 pellegrini, l'ultimo dato, quello relativo al 2017, indica 36.627 persone. La frenata legata alla paura del terrorismo (Lourdes rientrava tra i luoghi minacciati dall'Isis) "è stata una motivazione del calo di presenze in momenti particolari ma brevi. C'è un discorso di difficoltà economiche e quindi delle minori risorse disponibili nelle famiglie anche per i pellegrinaggi. Ma credo che il motivo principale - sottolinea il presidente nazionale Unitalsi - sia legato alle difficoltà che vive in generale nel mondo della fede. In fondo parliamo la stessa lingua. C'è una nostalgia del passato ma questo è sbagliato. Dobbiamo invece guardare avanti e continuare a testimoniare con gioia che per noi vale la pena. Non importa quanti siamo ma 'come' siamo e come continuiamo a testimoniare una carità in nome del Vangelo".(ANSA).