(ANSA) - ROMA, 02 NOV - Sono 1.804 i seminaristi diocesani in
Italia e confermano il trend in calo delle vocazioni che si
registra da cinquant'anni. Nei dieci anni che vanno dal 2009 al
2019, la flessione in Italia dei seminaristi diocesani è di
circa il 28%.
Degli attuali seminaristi la maggior parte si trova in
Lombardia con 266 unità (15% del totale) e nel Lazio con 230
(13%), mentre la Basilicata e l'Umbria sono le regioni con la
numerosità assoluta più bassa, facendo registrare
rispettivamente 26 seminaristi (1,4%) e 12 (0,7%). Un quadro che
tuttavia cambia - riferisce il Sir - se si rapporta il numero
dei seminaristi agli abitanti del territorio. In questa
classifica, infatti, a primeggiare sono due regioni del Sud: la
Calabria e la Basilicata.
"Se mancano le vocazioni non è un problema sociologico, o non
soltanto", osserva don Michele Gianola, sottosegretario della
Cei e direttore dell'Ufficio nazionale della pastorale per le
vocazioni.
Il maggior numero di seminaristi (43,3%) ha un'età compresa
tra i 26 e i 35 anni. La generazione più giovane - quella tra i
19 e i 25 anni - è rappresentata da 4 seminaristi su 10 (il
42,2% del totale). Un seminarista su dieci (13,6%) ha più di 36
anni. Persiste la tendenza a provenire da famiglie con più
figli: un solo seminarista su dieci è figlio unico, il 44,3% ha
un fratello o una sorella, un quarto ne ha due (25,4%) e uno su
dieci ne ha tre (10,8%).
La stragrande maggioranza dei seminaristi ha frequentato le
scuole superiori in una struttura statale (l'87,4%) e uno su
dieci (il 12,6%) in una struttura paritaria. Tra i percorsi
formativi offerti il 28,1% ha compiuto studi
umanistici-classici, il 26,9% scientifici e il 23,2% si è
diplomato in istituti tecnici. Solo uno su dieci (il 10,8%) ha
fatto studi professionali. "Un panorama notevolmente cambiato
rispetto a qualche decennio fa, quando la quasi totalità dei
candidati al sacerdozio - commenta l'agenzia stampa della Cei -
era in possesso della maturità classica".
Quasi la metà dei seminaristi (il 45,9%), inoltre, ha
frequentato l'università con indirizzi molto variegati e poco
meno (43,3%) ha lavorato. (ANSA).