(ANSA) - CITTÀ DEL VATICANO, 18 APR - La divisione tra le
lingue, i popoli, e anche le religioni. C'è alla base tutto
questo nel conflitto esploso in Ucraina, preceduto da otto anni
di guerra nella regione del Donbass ma anche da una lacerazione
delle Chiese ortodosse che si era consumata nel 2018.
"Improvvisamente si è cominciato a considerare gli altri come
dei nemici solo perché si trovavano in Russia e in Ucraina. In
alcuni casi ho ascoltato racconti molto dolorosi di genitori che
avevano deciso di interrompere i rapporti con i propri figli per
il semplice fatto che vivevano nel Paese 'sbagliato'". Lo
racconta monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo cattolico di Mosca,
nell'autobiografia scritta con il giornalista Riccardo Maccioni
e pubblicata poco prima dell'invasione dell'Ucraina da parte
della Russia. Nel libro "La piccola Chiesa nella grande Russia"
(edizioni Ares) mons. Pezzi, oltre a raccontare la sua lunga
esperienza prima come missionario e oggi come principale vescovo
cattolico nel Paese guidato da Vladimir Putin, dà uno spaccato
delle contraddizioni che in qualche modo sono poi esplose dal 24
febbraio di quest'anno.
Alla base c'è dunque anche il 'conflitto' di stampo religioso
che aveva portato nel 2018 una parte della Chiesa ortodossa di
Kiev a staccarsi dal Patriarcato di Mosca e a proclamarsi
'autocefala'. Una ferita che non è stata digerita da Kirill e
che ha reso ancora più difficile il cammino ecumenico tra le
Chiese cristiane. "Credo che oggi non si possa più parlare di un
dialogo cattolico-ortodosso - spiega l'arcivescovo di Mosca -
per l'impossibilità di mettere tutte le Chiese ortodosse allo
stesso tavolo dopo la rottura della comunione tra Costantinopoli
e Mosca, tra Alessandria e Mosca, tra Cipro e Mosca, tra Atene e
Mosca. Parlo della divisione dal patriarcato russo di chi ha
riconosciuto la Chiesa ortodossa ucraina". E il vescovo spiega
anche perché i cattolici non scendono in campo dall'una o
dall'altra parte di questa Chiesa divisa: "Proprio per non
considerare definitivo questo strappo, mi sembra molto
importante l'atteggiamento della Chiesa cattolica di non perdere
la speranza di ritrovarsi assieme e di non favorire in modo
univoco e esagerato i rapporti bilaterali con le singole
comunità cristiane d'Oriente".
Il vescovo cattolico non nasconde anche le difficoltà di
essere una minoranza nella Russia largamente ortodossa. C'è una
specie di "disagio psicologico nei confronti dei cattolici"
vissuti come "qualcosa di estraneo". "Alcuni amministratori
locali, in forza di questo 'non riconoscimento' culturale della
Chiesa cattolica, oppongono prolungati e continui ostacoli a
problemi che potrebbero essere risolti in modo molto più
semplice. Penso ai cavilli che rallentano il riconoscimento di
una parrocchia o, talvolta, la poca disponibilità a elargire
permessi di soggiorno".
Tra le testimonianze più toccanti contenute nel libro, c'è
quella di una anziana di Talmenka in Siberia che aveva visto
uccidere due figli davanti a lei durante le persecuzioni di
Stalin. "Guardi che io l'ho perdonato tanti anni fa - disse la
signora anziana a Pezzi quando era un giovane missionario -
perché se non si perdona non si vive più. E io come avrei potuto
continuare a vivere, dopo aver visto uccidere due figli?".
(ANSA).