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Ha contrastato la più grande
passione della figlia adolescente e le ha impedito di coronare i
suoi sogni: andare a cavallo, gareggiare, trasformare
l'equitazione nel lavoro della vita. C'è anche questo fra i
rimproveri mossi a un 65enne processato a Torino per violazione
degli obblighi di assistenza familiare. L'uomo, un artigiano che
lavora come maniscalco, prima di separarsi dalla moglie aveva
acquistato una scuderia nel Torinese. In base agli accordi presi
nel 2014 al momento del divorzio avrebbe dovuto versare 500 euro
al mese e permettere alla ragazza, che praticava l'equitazione
anche a livello agonistico, di montare sul suo cavallo quando
voleva. Accordi che però non avrebbe rispettato. Una delle
richieste presentate dall'avvocato di parte civile, Giuseppe
Gallenca, è di ottenere un risarcimento un danno da 'perdita di
chance'. L'imputato, assistito dall'avvocata Valentina Sandroni,
respinge le accuse.
"Fin da piccola - ha detto oggi in aula la ragazza, ora
ventottenne - cavalcare mi è stato molto facile. Lui aveva
sempre detto che aveva preso la scuderia per me. Poi però
conobbe una veterinaria che andò a stabilirsi con lui. Da
allora, anche se per raggiungere la scuderia (a circa 60 km da
casa - ndr) dovevo prendere due treni, non solo dovevo avvisare,
ma non mi veniva permesso di montare sul mio cavallo. Vederlo
cavalcare da altri era una sofferenza". "La mia ultima gara la
feci a 17 anni ad Alessandria - ha detto fra le lacrime - e
l'amica di papà mi disse che lui non sarebbe venuto a prendermi
perché ero troppo grande per trascorrere la notte con lui. Fu
un'allusione così schifosa che lasciai l'equitazione. Per anni
non sono più riuscita nemmeno ad avvicinarmi a un cavallo: anche
solo guardarne uno mi faceva stare male". La donna si è laureata
nel 2018. "Mi guadagno da vivere con collaborazioni saltuarie.
Che non mi piacciono".
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