"Te Connectivity Italia inaugura a
San Salvo (Chieti) un parco fotovoltaico dichiarando il suo
impegno a favore del territorio e della comunità locale
all'insegna della sostenibilità, ma chiude lo stabilimento di
Collegno, nel torinese, per produrre in Cina e in Usa alla
faccia della sostenibilità e dell'etica". Lo denunciano Fim Cisl
e Fiom Cgil torinesi. "Ci devono spiegare cosa c'è di green e
responsabile nello spostare dall'altra parte del pianeta la
produzione di piccoli connettori, licenziando 225 lavoratori.
Può esserci sostenibilità ambientale senza quella sociale? Può
una multinazionale considerare solo il massimo profitto?"
chiedono i sindacati.
"Il confronto con i sindacati sulle scelte strategiche delle
aziende, soprattutto quando si tratta di licenziamenti, chiusure
di siti e delocalizzazioni, dovrebbe essere rafforzato dalla
normativa e diventare prassi nelle relazioni sindacali.
Diversamente, come accade oggi, si continuerà a intervenire solo
per occuparsi delle conseguenze di tali scelte" afferma Marco
Barbieri della Fim Torino e Canavese. "La normativa italiana
sulla delocalizzazione è inefficace, serve una normativa europea
che renda antieconomico lo spostamento delle produzioni e crei
le condizioni per l'insediamento e la permanenza di imprese.
Serve una politica salariale, industriale ed energetica
all'altezza delle sfide. Non è tollerabile che le multinazionali
come la Te Connectivity, che hanno estratto tutto quello che
potevano da un luogo e dalla sua comunità, possano andarsene non
appena si presenta la necessità di fare maggiori profitti"
osserva Giorgia Perrone della Torino.
Te Connectivity ha deciso di chiudere lo stabilimento
torinese di Collegno con 225 dipendenti, mantenendo solo la
logistica con un centinaio di addetti.
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