(ANSA) - ROMA, 7 DIC - Per dare un futuro all'acciaieria di
Taranto resta fermo il conto alla rovescia verso il 20 dicembre,
il tempo concesso dal Tribunale di Milano con il rinvio
dell'udienza sul ricorso dei commissari Ilva per impedire ad
ArcelorMittal il recesso dal contratto. 12 giorni di lavoro in
un intreccio di ostacoli e dossier diversi. Governo e azienda
cercano l'intesa su un nuovo piano industriale, i sindacati sono
sulle barricate per un rischio esuberi monstre e restano aperte
su più fronti le partite giudiziarie. Mentre comincia a
trapelare qualche pessimismo sulla possibilità di imbastire una
soluzione in tempi così stretti: non si esclude il rischio di
dover cercare un accordo per un rinvio almeno a metà gennaio.
Dall'incontro del 22 settembre a palazzo Chigi tra i Mittal
ed il premier, quando è stata sancita la tregua per tentare una
complessa negoziazione, il tavolo di lavoro concreto è quello
tra Governo e azienda nella riservatezza di una fitta serie di
incontri tecnici che procede con una agenda già fissata per la
prossima settimana (con un primo incontro martedì che, nel
tentativo di accelerare, potrebbe essere anticipato al giorno
prima). A tenerne le fila sono due manager noti per un approccio
simile, forte determinazione e lavoro lontano dai riflettori:
Lucia Morselli, A.d. di ArcelorMittal Italia, e Francesco Caio,
chiamato dal Governo a gestire il negoziato. Sul fronte politico
il ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli, ha preannunciato
che entro lunedì farà una sua proposta di piano industriale:
punta su un equilibrio tra tecnologie ecosostenibili ed un
livello della produzione di acciaio che possa sostenere i
livelli occupazionali. Più nell'ombra, fonti vicine al negoziato
indicano nel ministro dell'Economia Roberto Gualtieri una figura
chiave. Passa per le controllate del Tesoro il tentativo di
costruire un pilastro pubblico, con Invitalia o (più difficile)
con Cdp, ma secondo quanto trapela una soluzione concreta è
ancora da costruire da zero. Diversi potrebbero essere gli
ambiti di un sostegno indiretto dello Stato: nel capitale
dell'acciaieria o per investimenti di contorno, in una newco per
le bonifiche ambientali o nel più ampio piano di rilancio per
l'economia dell'area. Diventerà poi un fulcro essenziale se si
sarà costretti ad un piano B (per il fallimento del negoziato ed
una uscita di scena di ArcelorMittal) anche perchè non si vede
all'orizzonte alcun interesse di eventuali investitori privati.
Il ripristino dello scudo penale è dato per acquisito, tornerà
al centro dello scontro politico quando tutti gli altri tasselli
di una soluzione saranno al loro posto.
Sul fronte giudiziario la prossima scadenza chiave è venerdì
13 dicembre, un passaggio vitale: per quella data, a Taranto, il
giudice dovrà decidere se l'altoforno 2 potrà restare aperto
nell'attesa di completare le prescrizioni della magistratura
dopo l'incidente che nel 2015 provocò la morte di un operaio.
Sulla richiesta di avere più tempo, avanzata dai commissari
straordinari, dopo la relazione del custode giudiziario è atteso
ora, per lunedì, il parere della Procura.
Intanto è muro contro muro con i sindacati dopo il tavolo al
ministero di mercoledì scorso: tutte le sigle sono ferme nel
chiedere il rispetto dell'accordo del settembre 2018 con
ArcelorMittal, un piano di rilancio e niente esuberi. Che invece
sono 4.700 al 2023, di cui 2.900 subito, per l'azienda che stima
perdite 2019 per un miliardo: brucia 2,7 milioni per ogni giorno
di lavoro. I lavoratori a rischio sono di più, 6.612, avvertono
i sindacati, perché vanno considerati anche i 1.912 ancora in
carico all'Ilva in amministrazione straordinaria. Martedì lo
sciopero per gruppo e indotto (32 ore dalle 23 di lunedì): una
protesta che confluirà nella manifestazione nazionale a Roma già
indetta da Cgil, Cisl e Uil. Da Taranto partiranno 15 pullman.
(ANSA).