Avrebbe sparato per colpire Eugenio Palermiti, nipote omonimo del capoclan del quartiere Japigia di Bari. Ma i colpi che Michele Lavopa, 21 anni, ha sparato la notte tra sabato e domenica nella discoteca 'Bahia' di Molfetta (Bari) hanno finito per uccidere Antonia Lopez, 19 anni, detta Antonella, vittima innocente di un risentimento che durava da tempo. Tutto sarebbe infatti cominciato sei anni fa quando Lavopa sarebbe stato vittima di un pestaggio da parte del gruppo di Palermiti, e le violenze furono riprese e diffusa tra le chat.
"Quel fatto mi ha cambiato", ha detto durante la sua confessione a pubblico ministero e carabinieri il giovane che è stato fermato ed ora è in carcere con le accuse di omicidio e tentato omicidio. La tragedia si è consumata nel giro di pochi minuti, intorno alle 2.30 della notte tra sabato e domenica.
Lavopa, che si faceva chiamare Tupac, era arrivato al 'Bahia' circa un'ora prima insieme alla fidanzata e ad alcuni amici. Con sé aveva una pistola calibro 7,65 "per difendersi da eventuali aggressioni, come spesso accade oramai nei locali notturni baresi", ha spiegato ai carabinieri, ma "senza alcuna intenzione belligerante". Intorno alle 2.30 arriva nella discoteca anche il gruppo di Eugenio Palermiti, tra cui c'è Antonella Lopez. I due gruppi si incrociano, volano minacce e offese, Lavopa estrae la pistola.
Durante l'interrogatorio dirà di aver agito dopo aver visto Palermiti tentare di prendere un'arma, ma sul punto gli inquirenti sono cauti. Con la pistola in mano, il 21enne spara almeno sei colpi, colpendo cinque ragazzi: il proiettile che colpisce Lopez le si conficca nella spalla, le recide l'aorta e ne provoca la morte in pochi minuti.
Altri quattro, tra cui lo stesso Eugenio Palermiti, rimangono feriti e vengono trasportati in ospedale, ma non sono in pericolo di vita. Palermiti, dopo aver saputo della morte di Lopez mentre si trovava al pronto soccorso, avrebbe sfogato la propria rabbia inveendo contro gli operatori sanitari e spaccando un computer della struttura. È sempre Lavopa a raccontare agli inquirenti, anche se in maniera poco chiara, cosa è successo dopo.
Allontanatosi a piedi dalla discoteca, sarebbe tornato a casa su un'auto guidata da un'amica. Poi, insieme a un altro amico (ora indagato per favoreggiamento), si sarebbe rimesso in macchina per liberarsi della pistola. Una versione diversa rispetto alla prima data ai carabinieri, ai quali avrebbe inizialmente detto di aver buttato l'arma in mare. "I social, le discoteche, i pub e i luoghi di aggregazione sono le aree in cui si scatena la necessità di manifestare platealmente la propria caratura criminale.
Alcuni gruppi di ragazzi, quasi sempre appartenenti a determinati ambienti, vanno in certi posti solo per provocare e cercare lo scontro", ha detto incontrando i giornalisti il coordinatore della Dda di Bari, Francesco Giannella.
"Un aspetto inquietante è che i giovani rampolli delle casate criminali abbiano individuato le discoteche come luoghi in cui manifestare la forza", ha aggiunto, sottolineando come "il filo rosso che collega questo episodio e altri simili avvenuti negli ultimi mesi è sempre lo stesso, ovvero la manifestazione spudorata di violenza che serve ad affermarsi e a dimostrare a tutti chi sono e di che pasta sono fatti" questi ragazzi. Il sostituto procuratore della Dda che coordina le indagini, Federico Perrone Capano, ha invece sottolineato la giovane età dei protagonisti di questa storia: "La cosa che mi ha inquietato di più è che abbiamo interrogato sostanzialmente dei bambini. Sono tutti poco più che ventenni".
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