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"Sognare si può, ma è necessario mettersi in gioco"

"Sognare si può, ma è necessario mettersi in gioco"

La storia di Federica al 'Bullone', salvata dalla Dca grazie a una rete sociale

ROMA, 13 febbraio 2024, 19:12

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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"Per chi soffre di Disturbi Alimentari (Dca) sognare è spesso difficile, quasi impossibile, perché la malattia priva la persona della possibilità di sperare e di guardare al futuro: è necessario che altri sognino per loro e che, quindi, progettino per loro. Familiari, amici, conoscenti, associazioni, fondazioni: loro sono la salvezza di chi soffre di Dca. Loro sono ciò che renderanno un sogno realtà e che salveranno delle vite: insieme si può sognare in grande. E si può progettare ancora di più". E' un passo del racconto di Federica Merli sull'ultimo numero del 'Bullone', rivista mensile dell'omonima fondazione no-profit che promuove la responsabilità sociale di individui, organizzazioni e aziende attraverso il coinvolgimento e l'inclusione lavorativa dei 'B.Liver', ragazzi che hanno vissuto o vivono ancora il percorso della malattia.
    Federica rivela di aver capito dopo molto tempo che il suo sogno più grande era quello di diventare pedagogista. "Da bambina, come tante altre persone - ricorda - alla domanda 'Cosa sogni di fare da grande?', cambiavo costantemente risposta. Per un periodo sognavo di diventare ballerina, di stare sotto i riflettori e brillare su un palcoscenico. Poi ho capito che, forse, quella non sarebbe stata la mia strada. E così ho pensato di diventare una cioccolataia, perché amavo tutti i tipi di dolcetti con quell'ingrediente: e quindi, cosa c'è di meglio che produrli personalmente? Ma nemmeno questa idea mi ha convinta per molto. Così è arrivata l'intuizione di diventare stilista di moda, poi architetto, poi psicologa e logopedista. Finché non ho capito che il mio sogno più grande era quello di diventare pedagogista. Ho avuto la fortuna di capire, seppur per tentativi, quale fosse il mio sogno in ambito di carriera lavorativa. Ma ora sto covando altri sogni, nuovi, a tratti spaventosi e forse ancora immaturi. Ho capito che, per diventare concreti, i sogni devono trasformarsi in progetti".
    "È bello sognare, crogiolarsi nell'illusione e nella speranza che le cose possano cambiare in meglio per noi - sottolinea Merli - ma è proprio quando le cose devono trasformarsi in realtà che la situazione si fa difficile.
    Sperare è il primo passo, ma è necessario mettersi in gioco e attivarsi in prima persona per rendere il nostro sogno una certezza. E tutto inizia dalla progettazione: ciottolo dopo ciottolo, passo dopo passo, dobbiamo costruire la strada che ci porterà al raggiungimento del nostro obiettivo. Per fare ciò dobbiamo avere bene in mente come funziona il nostro mondo, come il nostro obiettivo si inserisce in esso e come renderlo raggiungibile. Serve sedersi al tavolo con chi può aiutarci e stabilire dei micro-obiettivi che, sommati tra loro, ci porteranno alla fine del percorso".
   

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