(ANSA) - SANREMO, 08 FEB - "Non tutte le parole sono uguali,
per arrivare su questo palco ci sono parole che devono abbattere
muri, pareti, grate e cancelli chiusi a tripla mandata". Il
monologo di Francesca Fagnani a Sanremo è stato scritto con i
ragazzi del carcere minorile di Nisida, "che scontano la loro
pena senza cercare la nostra pena, perché non se ne fanno
niente".
"Non siamo animali, non siamo bestie, né killer per sempre,
vogliamo che ci conoscano", sono le loro parole raccolte dalla
giornalista. "Hanno picchiato, rapinato ucciso, ma se si chiede
loro perché, non trovano la risposta che vorrebbero avere, la
cercano, la abbozzano, ma non esce perché è inutile cercarla
così, bisogna andare al giorno, al mese, alla vita prima. Hanno
15 anni e gli occhi pieni di rabbia e vuoto, hanno 18 anni e lo
sguardo perso o sfidante, chiedono aiuto senza sapere quale. La
scuola l'hanno abbandonata, ma nessuno li ha mai cercati, non la
preside né gli assistenti sociali, né le madri o i padri che
quando c'erano non ce l'hanno fatta".
Parlando con tanti detenuti e chiedendo loro 'cosa
cambieresti', racconta la conduttrice di Belve, "in tanti mi
hanno risposto: sarei andato a scuola. Se nasci in quel
quartiere, palazzo o da quella famiglia è solo nei banchi di
scuola che puoi intravedere la possibilità di una vita
alternativa. Lo Stato non può esistere solo attraverso la
fondamentale attività di repressione delle forze dell'ordine,
deve combattere la povertà scolastica, offrire pari opportunità
ai più giovani. E' una questione di democrazie, uguaglianza e
rispetto della Costituzione. Lo Stato deve essere più sexy
dell'illegalità. In Italia la prigione serve a punire il
colpevole, non a educare né a reinserire nella società. Un
autorevole magistrato che ha condotto inchieste importantissime
(Nicola Gratteri, ndr) ha detto 'sono contrario allo schiaffo in
carcere, nelle caserme, un detenuto non deve essere toccato
nemmeno con un dito perché non deve passare per vittima'. Ma la
ragione per cui non va picchiato non è questa, ma perché lo
Stato non può applicare le leggi della sopraffazione e della
violenza".
"Se non faremo in modo che un giovane, quando esce dal
carcere, sia migliore di come è entrato, sarà un fallimento per
tutti. Se non ci arriviamo per umanità, o in nome dell'articolo
27 della Costituzione, facciamolo per egoismo, perché conviene a
tutti che un rapinatore, uno spacciatore, una volta fuori, cambi
mestiere", conclude Fagnani. (ANSA).