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Gianni Morandi, 'Quando nel '66 fui censurato'

'Festival mi attrae sempre. Marjuana? Non si corre con le canne'

dell'inviata Claudia Fascia SANREMO

Scanzonato, genuino, rassicurante.
    Un po' del grande successo di questo festival di Sanremo, il quarto targato Amadeus, è anche dell'eterno ragazzo Gianni Morandi, chiamato dal direttore artistico per affiancarlo nella conduzione delle cinque serate.
    Mai una sbavatura, mai un passo più in là. Anzi. Il buon Gianni si è prestato a ogni batti-cinque gli venisse chiesto dagli artisti in gara, per aumentare il bottino di punti al Fantasanremo, ha preso di buon grado la scopa in mano per ripulire il palco dell'Ariston dopo la furia Blanco, è salito persino sullo sgabello per un ballo cheek to cheek con la "stangona" Paola Egonu, 20 centimetri più alta di lui. Insomma, Morandi è stato il porto sicuro nel quale rifugiarsi nel mare sempre agitato del Festival. Anche se lui sembra quasi non essersene accorto. "Ma no - si schermisce gentile - io non ho fatto nulla. Stavo lì e basta". La sua, racconta oramai a fine festival, è stata "una grandissima esperienza. Se ho potuto fare qualcosa sono contento, ma è stato tutto merito di Amadeus: è bravissimo".
    Morandi il festival lo ha vissuto in tutti i ruoli: da conduttore, co-conduttore, ospite, in gara (vincendo nel 1987 in trio con Umberto Tozzi e Enrico Ruggeri). Frequenta Sanremo da oltre 50 anni (la prima volta fu nel 1972), "perché mi attrae e qualunque cosa succede qui mi piace", ma - racconta - "forse mi sono detto 'chi me l'ha fatto fare' l'anno scorso quando ero in gara, ma alla fine è stata una bella scelta perché la gara dà qualcosa di più, c'è un'adrenalina particolare. Quest'anno invece era troppo facile, Amadeus risolve tutti i problemi".
    Il momento difficile e quello da incorniciare coincidono in questa edizione: "la prima sera. Tra l'emozione dell'inizio e la presenza del presidente della Repubblica, che è arrivato qui per fare un omaggio alla canzone popolare, non volevamo fare brutte figure. Ma quando mi hanno detto 'devi cantare l'inno' per un attimo mi sono preoccupato. Poi da italiano lo canto volentieri". Un altro momento che gli rimarrà nel cuore è "quando ho cantato con i miei compagni di viaggio, Al Bano e Massimo Ranieri, momenti indimenticabili".
    In un festival molto segnato dalle polemiche politiche esterne (che sono andate dalle critiche al messaggio del presidente dell'Ucraina Zelensky agli slogan lanciati da Fedez a favore della legalizzazione delle droghe leggere e contro il Governo senza che la Rai ne fosse a conoscenza), Gianni Morandi ricorda anche la sua di esperienza. "Nel 1966 C'era un ragazzo venne censurata: non si poteva dire la frase 'è morto nel Vietnam'. Ci fu anche un'interrogazione parlamentare che è agli atti. Mi impedirono di cantare queste frasi in tv. Poi c'è stato una manifestazione che si chiamava Festival delle Rose e quando andammo in diretta io dissi quale frase. Perché non si può fermare uno che è lì sul palco". Di pressioni politiche dietro al palco, però, non vuole sentir parlare. "Mi sentite. Lì si parla di musica, di artisti, di spettacolo".
    E se provate a chiedergli cosa ne pensa lui di marjuana e dintorni, la risposta è quella che ti aspetti: "Non ho mai provato, ma dovrò farlo prima o poi - scherza -. Ormai è dovunque: davanti casa mia a Bologna c'è una coltivazione di canapa e si sente un odore... però non si va mica a correre con le canne". E neanche a fare un tour nei palazzetti a 78 anni (al via da marzo): "voglio vedere se ci sarà l'effetto Sanremo". Ma al festival lo rivedremo? "Tornerò anche alla memoria fra vent'anni", dice con una risata, scappando via. Di corsa, ovviamente. (ANSA).
   

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