"In nessun Paese al mondo
esistono o sono in fase di realizzazione depositi definitivi di
materiale radioattivo ubicati su isole. Il trasporto in un'isola
richiede, rispetto a quello in un sito della penisola, un
trasporto aggiuntivo in nave con necessità di scarico e di
carico nel porto di partenza e in quello di arrivo di manufatti
di svariate tonnellate con aumento del rischio di incidenti
durante tali fasi". Lo dicono, in una nota, i Medici per
l'Ambiente (Isde) della Sardegna in merito alla pubblicazione
della Carta Nazionale delle Aree potenzialmente idonee (Cnapi)
sul deposito dei rifiuti radioattivi in Italia.
"Il trasporto in nave aumenta il rischio di incidenti o di atti
terroristici che potrebbero portare alla disseminazione di
materiale radioattivo, non sempre facilmente recuperabile, lungo
le coste o in ambiente marino con possibile nocumento per l'uomo
e gli ecosistemi - aggiunge l'Isde -
Inoltre siamo convinti che i rifiuti debbano essere smaltiti da
parte di chi li produce. Orbene la Sardegna non ha, di fatto,
produzione di materiale radioattivo e il suo consumo, veda per
esempio la medicina nucleare, è minimale nel panorama
nazionale".
"La terza considerazione ci ricorda che il materiale radioattivo
non è scevro di rischi potenziali per la salute umana e per
l'ambiente anche in uno scenario di perfetta programmazione,
realizzazione e gestione del trasporto e del sito di deposito -
concludono - Seri dubbi a tal riguardo pone la passata e attuale
esperienza della gestione nazionale dei rifiuti radioattivi
quale quella del sito di Saluggia. Sarebbe l'ennesimo fattore
negativo a carico dell'ambiente e della salute dei Sardi che
già ospitano la maggior superficie, fra le regioni italiane, di
siti inquinati di interesse nazionale (SIN) e la maggior
superficie di aree militarizzate quale quella di Quirra, ad
esempio".
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