di Maria Giovanna Fossat
Un racconto di discriminazione e violenza scritto e diretto dal regista cagliaritano Giovanni Coda, costruito con un linguaggio diretto che si addentra nei meandri della violenza di genere. Il film "La sposa nel vento" - da Movie Factory, finanziato dalla Regione Sardegna e supportato dalla Fondazione Film Commission - è un excursus sul tema del femminicidio in contesti geografici, culturali ed economici differenti che si manifesta in quel brodo di cottura che è lo squilibrio di potere tra i generi e quando arriva un rifiuto delle donne alla subordinazione al "sesso forte" diventa un affronto da punire, una condanna all'oblio, alla morte.
Il film, dopo l'anteprima nazionale a Seattle negli Stati Uniti, ha visto la prima tappa ieri sera a Orgosolo, il paese di Antonia Mesina il primo caso di femminicidio documentato in Sardegna nel 1935 e proseguirà nell'isola in Italia in Europa e nel mondo con diversi appuntamenti programmati. "Abbiamo raggruppato una serie di femminicidi tra i più efferati del 900 partendo dal 1935 quando è stato commesso il caso di Antonia Mesina - ha detto all'ANSA il regista - : parliamo di una ragazza di 16 anni che, mentre andava in campagna con un amica per raccogliere alcune fascine di legna, è stata prelevata con la violenza da un giovane del paese che non riuscendo a violentarla per la strenua difesa opposta dalla giovane, la ha ammazzata a colpi di pietra. Abbiamo descritto il dramma affrontato da tante donne con una narrazione che ha come base la documentazione giornalistica, associando a questo delle immagini metaforiche".
Girato tra novembre e dicembre 2021, "La sposa nel vento" chiude il ciclo artistico della trilogia che l'autore ha dedicato alla violenza di genere, dopo "Il rosa nudo" (2013) e "Bullied to death" (2015), film di denuncia dell'omofobia e del bullismo omofobico, nello specifico il cyberbullismo. Il film si dipana in una sorta di scollamento tra l'immagine e narrazione e alla fine rientra nei parametri della documentazione e si esprime al massimo con le ultime scene. Alle interviste di alcune delle protagoniste che arrivano al pubblico come un pugno in pieno viso, si alternano le performance di un gruppo di artiste che danno vita ad un racconto collettivo, anche personale sugli episodi della violenza di genere tra passato, presente e futuro partendo proprio dalla vicenda di Antonia Mesina.
"La resistenza alla violenza da parte di Antonia Mesina ha condannato a morte questa ragazza dai principi forti dell'insegnamento cattolico e la forza della donna barbaricina. Rispetto ad allora non è cambiato niente: la sopraffazione e gli abusi continuano 88 anni dopo e purtroppo ne sono piene le nostre cronache", ha aggiunto Maddalena Mesina autrice delle traduzioni di "sos attitos", i canti funebri della madre di Antonia Mesina dopo al tragedia.
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