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Tutte le inchieste che lo vedono coinvolto

Scajola, da porto Imperia a casa Colosseo, tra accuse e assoluzioni

L'accusa di aver favorito la latitanza del deputato di Forza Italia Amedeo Matacena che ha portato all'arresto di Scajola, è l'ultima di una serie di vicende che hanno visto coinvolto l'ex ministro tra accuse, perquisizioni, archiviazioni, assoluzioni e casi ancora aperti. L'ombra delle tangenti sugli appalti per il Casinò di Sanremo è la prima grana: il 12 dicembre 1983, quando da poco più di un anno è sindaco Dc di Imperia, Scajola viene arrestato su ordine della procura di Milano per tentata concussione aggravata. Lui si dimette, resta 71 giorni a San Vittore. Ma nel 1988 viene prosciolto in istruttoria perché del tutto estraneo ai fatti.

E' il 22 ottobre 2010 quando si viene a sapere che Scajola (che nel frattempo, tra 2003 e 2008 è stato tre volte ministro sotto le insegne di Forza Italia) è nuovamente indagato in concorso con l'imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone, presidente di Acquamarcia, per i lavori del porto turistico di Imperia: per i magistrati, avrebbe compiuto una truffa ai danni dello Stato. Ma il 7 gennaio 2013 il gip di Imperia archivia. Cinque giorni prima era stata la stessa procura a chiedere l'archiviazione. Scajola rimane coinvolto anche nella vicenda Finmeccanica: è del 23 ottobre 2012 la notizia che la procura di Napoli indaga su di lui per corruzione internazionale riguardo alle forniture del gruppo aerospaziale in Brasile.

Il 18 aprile 2013 finisce nuovamente nel registro degli indagati a Imperia: abuso edilizio e finanziamento illecito ai partiti, le accuse. La villa dell'ex ministro viene perquisita: i magistrati sospettano irregolarità edilizie nella ristrutturazione e vogliono fare chiarezza sulle modalità di pagamento di alcuni lavori e sull'impiego del denaro. Anche in questo caso è stata chiesta l'archiviazione, ma solo per gli abusi edilizi.

Pochi mesi dopo, il 30 luglio 2013 la villa di Imperia viene di nuovo passata al setaccio e ben due volte nel giro di poche ore. I primi ad arrivare sono i carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale di Savona: la perquisizione ruota attorno a un'anfora romana in possesso dell'ex ministro. Scajola spiega di avere regolare documentazione e numero di protocollo consegnati dalla Soprintendenza e di fatto non viene indagato per questa vicenda, che ha coinvolto invece altri soggetti. L'altra perquisizione scatta poco dopo da parte di Guardia di finanza e Polizia nell'ambito di un'inchiesta per riciclaggio riguardante anche l'ex ministro e relativa alla "mancata" vendita di un immobile della moglie di Scajola al suo commercialista: gli inquirenti vogliono capire il perché di una caparra da 50.000 euro versata dal professionista.

Durante le perquisizioni vengono trovati anche due dossier riservati del ministero dell'Interno: riguardano G8 di Genova e Marco Biagi e gli valgono un'inchiesta aperta dalla Procura di Roma quest'anno, a inizio maggio. Ma la vera bufera è quella scoppiata il 28 agosto 2011 quando Scajola finisce indagato dalla Procura di Roma per finanziamento illecito ai partiti in relazione all'acquisto di una casa a pochi metri dal Colosseo. Per gli inquirenti, l'immobile è stato pagato in parte dall'imprenditore Diego Anemone, personaggio chiave dell'inchiesta sugli appalti del G8. L'ex ministro sostiene di non saperne nulla e la storia della casa "comprata a sua insaputa" diventa un tormentone. Sta di fatto che il 27 gennaio scorso, il giudice accoglie questa tesi e assolve l'ex ministro. L'11 marzo le motivazioni hanno spiegato il perché: era "inconsapevole" che qualcuno avesse pagato per lui un sovrapprezzo. La Procura di Roma ha fatto ricorso in appello.

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