Un forte divario in termini non solo occupazionali, ma anche contrattuali e retributivi tra maschi e femmine. Un divario che, a parità di condizioni, non diminuisce con il passare del tempo e aumenta in presenza di figli. E questo nonostante le donne all'università ottengano risultati migliori sia in termini di regolarità negli studi che di voti. E' quanto emerge dalle Indagini AlmaLaurea sul Profilo e la Condizione Occupazionale dei laureati, che ogni anno prendono in esame oltre 200 mila studenti universitari.
Dai dati del XVI Rapporto sul Profilo dei laureati italiani emerge infatti che tra i laureati del 2013 è nettamente più elevata la presenza della componente femminile, il 60%, con una percentuale più alta di lauree in corso (il 45% contro il 40% degli uomini) e voti più alti rispetto ai colleghi uomini: il loro voto medio è infatti di 103,3 su 110 (per gli uomini è di 101).
Risultati migliori che però non si traducono in maggiori opportunità di lavoro: secondo i dati del XVII Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati anticipati in vista dell'8 marzo (l'indagine completa sarà presentata a fine mese), infatti, tra i dottori magistrali, già a un anno dalla laurea, le differenze in termini occupazionali superano i 7 punti: lavorano 52,5 donne e il 60 uomini su cento. A cinque anni dal conseguimento del titolo le differenze si confermano: lavora il 78% di donne contro l'85% di uomini su cento. Meno lavoro. Ma anche meno stabile e meno pagato. A un anno dalla laurea gli uomini possono contare più delle colleghe su un lavoro stabile (le quote sono 38% e 31%); e a cinque anni dall'uscita dall'Università la situazione peggiora: ha un posto sicuro il 77% degli occupati contro il 64% delle occupate. Quanto alla retribuzione, a un anno gli uomini guadagnano il 30% in più delle colleghe: 1.217 euro contro 936. A cinque anni le cose non migliorano, con un differenziale al 30,5% (1.556 euro contro 1.192).