"Dio mi ha fatto le mani e io sono contento. Perché la sera, quando finivo di lavorare, mi guardavo le mani e poi mi voltavo e guardavo il Ponte. E mi dicevo: l'ho fatto con queste mani". Ercole Biella è uno dei tanti - oltre mille persone tra operai, tecnici e ingegneri - che hanno lavorato al Ponte di Genova, la grande infrastruttura pensata da Renzo Piano che dal 3 agosto, giorno dell'inaugurazione, si chiamerà 'Genova-San Giorgio', un richiamo al grido di battaglia dell'antica repubblica genovese.
"La cosa più emozionante - ha detto il capocantiere di PerGenova Renzo Rossi - è stato dover costruire un qualcosa che era crollato, e crollato in quel modo. Insomma, non è solo il progetto in sé, devi comprendere il perché siamo qui e per questo esserne orgogliosi. Una cosa così ti lascia il segno" Molti degli operai, dei tecnici e degli ingegneri di PerGenova, Webuild e Fincantieri Infrastructure, hanno preso parte al concerto che si è tenuto ai piedi del ponte: l'orchestra dell'accademia di Santa Cecilia di Roma, guidata dal maestro Pappano, ha eseguito la Quinta di Beethoven 'Il Destino'. Molti erano lì, tutti emozionati, qualcuno con le lacrime agli occhi, tutti in piedi per l'Inno di Mameli, tutti evidentemente orgogliosi di aver fatto parte di un progetto che ha fatto e che farà la storia.
"Il giorno di quella terribile sciagura era il mio compleanno - ha raccontato Emiliano, assistente di cantiere -. Ho visto le immagini alla televisione, erano immagini terribili. E così, quando ho saputo che Salini Impregilo avrebbe preso parte alla ricostruzione ho chiesto di esserci. Perché dovevo esserci".
Tutti, nessuno escluso, conservano nel cuore l'orgoglio di aver partecipato al progetto e l'orrore di quel che è successo.
E nessuno dimentica i 43 morti, nessuno riesce a togliersi dagli occhi e dal cuore quella montagna di detriti, quella ferita contro il cielo, le lacrime e la pioggia di quel 14 agosto 2018.