Da Tenco a Caparezza, antimilitarismo e nonviolenza nella canzone d'autore
Nel volume di Enrico De Angelis i preziosi ritratti di Milo Manara e Massimo Cavezzali
![Luigi Tenco (Milo Manara) © Ansa](/webimages/img_900x700/2020/12/7/410c2ad0aedb2bcf990a2db7f6a7b015.jpg)
"La scuola mi ha insegnato molte cose, molte guerre per esempio, ma non mi ha insegnato la pace": lo scrive Enrico De Angelis, profondo conoscitore della canzone d'autore, nel suo libro 'Coltivo una rosa bianca' che ricerca e ricostruisce antimilitarismo e nonviolenza nelle opere di Tenco, De Andrè, Jannacci, Endrigo, Bennato e Caparezza.
"Il volume - spiega l'autore - si sofferma soprattutto sui testi, ma come sempre dovrebbe essere tenuto presente tutto il resto: la canzone va letta contestualmente con musica, ritmo, voce, intenzione del canto, presenza scenica ecc.
Si pensi alla forza interpretativa di artisti come Jannacci, Bennato, Caparezza... Ho operato la scelta dei sei con criterio meramente quantitativo: quelli che in canzone hanno toccato spunti di antimilitarismo e nonviolenza in misura più massiccia e con continuità mai abbandonata.
Anche altri cantautori di pregio hanno toccato quegli argomenti (Guccini, Gaber, De Gregori, Fossati, Vecchioni, Virgilio Savona, Silvestri…) ma questi sei l’hanno fatto con insistenza e coerenza sorprendenti".
Il percorso storico va dagli anni '60 (con alcune tra le primissime canzoni antimilitariste dell'era moderna) al rap di Caparezza. "La sensibilità - spiega De Angelis - nasce infatti negli anni ’60, con una sequenza di canzoni sulla ricorrente situazione-base del soldato che non fa ritorno dalla guerra: Ballata dell'eroe De Andrè '61, La guerra Endrigo '63, La guerra di Piero De Andrè '64, La ballata del marinaio Tenco '64, Li vidi tornare Tenco '66, La sera che partì mio padre Jannacci '68. Il soldato è spesso equiparato all'altrettanto disgraziato nemico che, ugualmente, dalla guerra non ritorna".
Ad impreziosire il volume sono i ritratti di Milo Manara e Massimo Cavezzali.