Il decreto con le nuove norme anti-Covid riguardanti la scuola, lo stop alle restrizioni per i vaccinati in zona rossa e la durata del Green pass è stato approvato dal Consiglio dei ministri.
"Vogliamo un'Italia sempre più aperta, soprattutto per i nostri ragazzi". Mario Draghi annuncia così, ai suoi ministri in Cdm, l'intenzione di mettere nero su bianco un vero e proprio calendario per il superamento progressivo delle restrizioni legate al Covid che per due anni hanno segnato la vita degli italiani. Si parte dalla scuola in presenza, che è "da sempre la priorità di questo governo", con l'eliminazione della Dad per i ragazzi vaccinati e una semplificazione delle quarantene. Per chi abbia fatto la terza dose spariscono le limitazioni anche in zona rossa e la durata del Green pass diventa illimitata.
"Nelle prossime settimane andremo avanti su questo percorso di riapertura", promette, anche grazie ai dati "molto incoraggianti" sulle vaccinazioni. Il Consiglio dei ministri intanto rilancia il lavoro sul Piano nazionale di ripresa e resilienza e sui 45 obiettivi del primo semestre 2022.
Ma la partita del Colle lascia strascichi: la Lega non vota le norme sulla scuola del nuovo decreto Covid. E' il primo strappo. Draghi ne prende atto, afferma di comprendere le perplessità ma poi taglia corto e difende la scelta condivisa dagli altri ministri.
Giancarlo Giorgetti, che aveva ventilato le dimissioni, sente al telefono Draghi ma in Cdm non si fa vedere: arriva a Palazzo Chigi a riunione iniziata, perché prima impegnato al tavolo di crisi Intel, ma decide di non entrare. E' d'accordo, assicurano fonti leghiste di governo, con la decisione di non votare le norme sulle quarantene a scuola perché "discriminano i ragazzi non vaccinati".
Il ministro, che prima del Consiglio incontra Matteo Salvini e anche Luigi Di Maio, firma con i colleghi Massimo Garavaglia ed Erika Stefani una nota per dire sì alle aperture, no alle regole per gli studenti. Il non voto, minimizzano i leghisti, è un no specifico su una norma precisa: nessuna avvisaglia di uscita dal governo (o di dimissioni di Giorgetti), assicurano.
In Consiglio la presa di posizione dei leghisti non sembra suscitare particolare clamore. "Nessuna discriminazione", replica Roberto Speranza. Ma dal Nazareno stigmatizzano la scelta dei salviniani: "Si spera sia solo un incidente ma rischia di aumentare l'instabilità" del governo, mentre la maggioranza dovrebbe "compattarsi al fianco di Draghi" come fa il Pd. Salvini però non abbassa i toni, insiste che a breve vedrà il premier, per rimettere al centro dell'agenda le "vere emergenze" del paese. E parla del caro bollette e delle risorse per la rigenerazione urbana con il ministro dell'Economia Daniele Franco, in mattinata, accompagnato dal sottosegretario leghista Federico Freni.
Mezz'ora di colloquio che fa gioire Freni per la "grandissima sintonia operativa": ai leghisti sarebbe arrivata la rassicurazione che il governo "metterà in campo le risorse necessarie" per fronteggiare ancora i rincari di luce e gas. Dal ministro però non sarebbe arrivata nessuna apertura, almeno per il momento, al ricorso a un nuovo scostamento per mettere in campo ingenti risorse in deficit.
In Consiglio intanto i ministri si presentano preparati alla richiesta di Draghi di riferire sugli obiettivi da realizzare nel semestre per non perdere i fondi del Pnrr. Dei 45 in programma ne sono stati finora portati a termine 3. In ballo ci sono 24,13 miliardi nel primo semestre e 21,83 miliardi per i 55 obiettivi del secondo semestre. Un impegno monstre, per agevolare il quale potrebbe essere adottato a breve un nuovo decreto con norme di semplificazione. Ma sono le lentezze burocratiche a emergere con più forza tra le preoccupazioni dei ministri (più d'uno cita i tempi di risposta della Corta dei Conti) nel giro di tavolo che Draghi fa per ascoltare gli impegni e le esigenze di ciascuno.
Quanto alla tabella di marcia dei dicasteri, il giudizio - fanno sapere alla fine da Palazzo Chigi - è positivo. Al 31 gennaio 2022, fanno notare, sono stati emanati 113 bandi e avvisi per 27,86 miliardi. Ma nell'agenda, che include target precisi e il rispetto di standard come quello di inclusione su cui vigilerà il ministro Stefani, ci sono questioni che potrebbero far fibrillare ancora la larga maggioranza: dalla riforma della sanità territoriale, alle regole sui rifiuti, dalle nuove carriere degli insegnanti, fino alla spending review da realizzare tra il 2023 e il 2025 anche per trarre fondi da destinare al taglio delle tasse, che andrà scritta con la manovra.