"Penso che l'Italia abbia perso un ottimo militare". Arriva tra le bandiere gialloblu in anfibi e mimetica, quasi a significare che lei la guerra non l'ha mai abbandonata anche se è tornata in Italia, dove resterà soltanto qualche giorno prima di ripartire per il fronte. Giulia Schiff, la 23enne italiana arruolata in Ucraina, è appena rientrata ma non evita dure critiche al suo Paese: "Sto ritrovando nella comunità ucraina, diventata una famiglia, il riconoscimento che non ho avuto finora in Italia, dove ci sono state persone che hanno visto in me un immenso potenziale e altre che mi hanno tagliato le ali. Sacrificarsi per un Paese dovrebbe essere a prescindere apprezzato", ha detto partecipando a Roma alla manifestazione dell'Associazione cristiana degli ucraini, accolta come eroina di guerra. Giulia Schiff, ex pilota dell'aeronautica militare, è partita per Kiev nel marzo scorso, all'inizio dell'occupazione russa, per combattere come volontaria nelle forze speciali della legione internazionale. Ma le sue vicende militari cominciano in Italia qualche anno prima, quando da allieva dell'Accademia di Pozzuoli aveva denunciato di essere stata vittima di mobbing e nonnismo.
Schiff era stata espulsa dall'Aeronautica militare con la motivazione di "inattitudine militare e professionale" e alcuni mesi fa il Consiglio di Stato ha respinto un suo ricorso. Poco dopo, però, ha trovato il suo riscatto tra le truppe di Kiev: non è una mercenaria - ci tiene a precisare - ma è un soldato dell'esercito ucraino con un contratto regolare a tutti gli effetti come altri italiani ("ce ne sono diversi", dice) che come lei hanno imbracciato le armi contro i russi: "quindi non siamo perseguibili dallo Stato italiano". Combatte a Karkhiv ed è impegnata in attività di ricognizione e di intelligence: "Sono oltre la prima linea, mi spingo in quei territori per individuare il nemico. Se ho mai ucciso qualcuno? Non posso parlarne, ma comunque faccio il soldato... - dice seccata a chi glielo chiede - Non temo di essere catturata, ma ho vissuto tanti momenti drammatici, troppi: la gente muore tutti i giorni attorno a me. Ho avuto paura solo nella mia prima missione, invece ora sono ben addestrata e anche l'istinto di sopravvivenza aiuta in questi casi".
Al sit-in, dove tra le bandiere spunta anche quella rossa e nera dell'Organizzazione dei nazionalisti ucraini, l'altro ospite speciale è il veterano di guerra Roman Maksymets, ferito nel 2016 a 32 anni a Marianka, nel Donbass, dove ha perso in prima linea due gambe e un braccio. Ma tra i manifestanti c'è anche l'ex ministro della Difesa nel governo gialloverde, Elisabetta Trenta, che abbraccia Schiff: "siamo amiche e la vicenda italiana di Giulia segna una sconfitta del nostro Paese - dice l'ex numero uno del dicastero ricordando la denuncia per nonnismo della giovane veneziana - io comunque le avevo consigliato di non partire". L'ultima riflessione della 23enne va agli sforzi fatti dal nostro Paese per aiutare Kiev: "non siamo aiutati abbastanza, l'ultimo governo ha dimostrato molta empatia, ma finora non ho mai visto un'arma italiana in sette mesi. Certo, spero che la guerra non duri a lungo, ma resterò qui fino a mercoledì, non vedo l'ora di ritornare". Parole di nostalgia per la sua nuova famiglia, trovata in trincea nelle file di un territorio straniero.