"Oggi si processa il sistema che ha portato al decesso di mia figlia. Lei è morta per questo". Con queste parole Graziella Viviano ha commentato, lasciando gli uffici del tribunale di Roma, la decisione del gup che ha mandato a giudizio sette persone per omicidio stradale in relazione alla morte di Elena Aubry, la ragazza di 26 anni deceduta nel maggio del 2018, in un incidente in moto, a causa del pessimo stato del manto stradale di via Ostiense, la strada che collega il centro della Capitale con il quartiere che affaccia sul mare.
Fra gli imputati sei funzionari comunali, tra cui due ultimi direttori del Simu (dipartimento Sviluppo infrastrutture e manutenzione urbana). Il giudice per loro ha fissato il processo al 9 luglio del 2024 e, al termine di un processo svolto con il rito abbreviato, ha condannato a 2 anni, Alessandro Di Carlo, responsabile della sorveglianza della ditta vincitrice dell'appalto per la manutenzione della strada.
Elena quel giorno stava tornando dal mare e si trovava all'altezza del Cineland di Ostia quando perse il controllo della sua Honda Hornet, a causa dei dossi causati dalle radici dei pini. Il mezzo andò a sbattere contro un guard rail, in un tratto di strada dove ci sono molti avvallamenti dell'asfalto.
In una primissima fase l'indagine fu aperta per omicidio colposo. Il pm Laura Condemi ha poi affidato una serie di consulenze per analizzare quel tratto di strada e ha proceduto all'iscrizione nel registro degli indagati degli otto. Gli inquirenti hanno disposto anche uno studio, effettuato con le tecniche 3D, per verificare lo stato del manto. In base a questa sofisticata attività istruttoria è stato possibile accertare che Elena ha perso il controllo della moto "tra due gibbosità, distanti appena un metro e 40 centimetri" una dall'altra. Delle anomalie che hanno, di fatto, causato il tragico impatto. Una versione che era stata confermata anche da alcuni testimoni oculari presenti al momento dell'incidente.
"Il processo ad una data così lontana mi preoccupa, spero di arrivare viva e ottenere giustizia", ha aggiunto la madre della giovane che in questi anni ha dovuto affrontare anche un ulteriore trauma: nel 2020 venne trafugata l'urna con le ceneri della ragazza nel cimitero del Verano. L'autore venne poi individuato dai carabinieri: si trattava di un 49enne che già in passato si era macchiato di iniziative di questo genere.