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Lavorare nella 'terra' del boss sfidando la mafia

La storia dell'urbanista Marina Marino, per due anni a Campobello di Mazara al fianco del commissario del Comune sciolto per mafia

Lavorare in un luogo difficile, quale può essere Campobello di Mazara, dove si nascondeva Matteo Messina Denaro, circondati da silenzi, sospetti ed omertà.

    Ricevere minacce non solo verbali e riuscire, nonostante questo, a portare avanti il proprio lavoro di esperto di Urbanistica che affianca la Commissione straordinaria chiamata a gestire il Comune sciolto per mafia, togliendo concessioni edilizie date al patron della Valtur per far sorgere un complesso turistico a ridosso dell'area archeologica di Selinunte o firmando decine di provvedimenti di demolizione e di acquisizione al patrimonio comunale di case costruite sulla battigia, con il nulla osta della Soprintendenza di Trapani.

Di questo e altro ancora è stata protagonista Marina Marino, urbanista per due anni a Campobello di Mazara. "Ci capitò subito - racconta - di occuparci di un complesso turistico di 4000 posti letto, autorizzato con una concessione edilizia di una paginetta, a Carmelo Patti patron della Valtur, poi arrestato per contiguità con Messina Denaro. I lavori mai iniziati, eppure prorogati due volte (sempre con poche righe); l'area in cui avrebbe dovuto sorgere il complesso turistico, a ridosso di quella archeologica di Selinunte, era stata confiscata e affidata a tre amministratori individuati dal Ministero dell'Economia e delle Finanze che si batterono per mantenere in vita quel progetto.

    Erano stati intercettati mafiosi di Campobello sodali del Patti, che conversavano della spartizione dei lavori di movimenti terra e sbancamento. Tutto era stato messo a posto e ai prezzolati di Roma questo bastava. Vincemmo noi, con la legge. Il tanto lavoro regionale e comunale per autorizzare un'enormità senza muovere un respiro, non fu più un progetto". L'esperta di urbanistica ha anche ricevuto minacce: una pistola è stata lanciata con forza alle sue spalle dentro il cortile dell'ufficio tecnico, una scacciacani con matricola abrasa, proiettili in canna e capace di sparare, ma con gli altri tecnici, tutte donne, non si è tirata indietro e ha portato avanti fino in fondo il proprio lavoro. (ANSA).
   

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