E' conosciuto come "carcere duro", ma nell'ordinamento penitenziario prende il nome di articolo 41 bis e da oltre trent'anni è uno degli strumenti più utilizzati per contrastare la criminalità organizzata. Due ore d'aria al giorno, un colloquio al mese con i familiari (o il/la convivente), isolamento. Introdotto 37 anni fa, nel 1986, con la "Legge Gozzini", in via temporanea. Inizialmente riportava soltanto il primo comma, il ministro della Giustizia poteva sospendere le "normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati", "in casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza". Il fine era quello di evitare e prevenire, quindi, le rivolte in carcere.
Nel 1992, dopo la strage di Capaci e la morte del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, con il "Decreto antimafia Martelli - Scotti", il 41bis viene modificato e ampliato ai detenuti reclusi per mafia. E' quella l'occasione in cui viene aggiunto un secondo comma il cui testo viene modificato più volte. Nel 2002, la norma del "carcere duro" diventa definitiva e viene estesa anche ai condannati per terrorismo e altri reati. Il 41bis ha lo scopo di interrompere i legami dei detenuti con il mondo esterno e interno al carcere, quindi con l'associazione "criminale, terroristica o eversiva". Ha una durata di quattro anni, ma può essere prorogata per altri periodi, nei casi in cui i collegamenti con le associazioni criminali o terroristiche dovessero continuare.
Chi è detenuto al 41bis in cella è solo. I colloqui, che possono esserci una volta al mese, si tengono attraverso un divisorio di vetro, a eccezione di quelli con i minori di 12 anni. Massimo un'ora e sotto il controllo di un agente di polizia penitenziaria. Gli incontri sono "video-registrati". La socialità in carcere, in quelle due ore d'aria al giorno, è limitata a un gruppo di massimo quattro persone.
Ma se gran parte dei condannati al "carcere duro" ha commesso un reato di tipo mafioso, quattro detenuti su oltre settecento totali sono al 41bis per terrorismo interno e internazionale.
E tra questi c'è Alfredo Cospito oltre ai Br condannati per gli omicidi di Massimo D'Antona e Marco Biagi: Nadia Desdemona Lioce, Marco Mezzasalma e Roberto Morandi.
Il procuratore di Perugia Raffaele Cantone ha ricordato che l'applicazione del 41bis nei confronti di Cospito è stata valutata dopo un'indagine effettuata con il trojan e decisa poiché "noi contestavamo specificatamente l'ipotesi di istigazione a delinquere fatta mentre era in carcere". Su uno striscione comparso a Milano, i sostenitori dell'anarchico hanno scritto "41bis uguale tortura". Le stesse parole sono comparse su un muretto a Napoli, a pochi metri dal Tribunale. Azioni di solidarietà che si aggiungono alle tante messe in atto nelle ultime settimane e che proseguiranno anche nei prossimi giorni. Il prossimo 7 marzo i giudici della Cassazione dovranno decidere sul ricorso presentato dal legale dell'anarchico, Flavio Rossi Albertini, contro la decisione del tribunale di sorveglianza di Roma che ha confermato il 41 bis.