(ANSA) - GENOVA, 06 FEB - "Già nel 1977 si era perso il
controllo del ponte, si era persa la scommessa di Morandi sulla
invulnerabilità del calcestruzzo. Da quel momento è partito il
timer. A quel punto bisognava intervenire con tiranti suppletivi
che avrebbero evitato il crollo. La chiusura del ponte senza
tiranti suppletivi non avrebbe evitato il crollo ma avrebbe
salvato le vite umane". Lo ha detto l'ingegnere Paolo Rugarli,
consulente delle parti civili, nel corso dell'udienza del
processo per il crollo del ponte Morandi (14 agosto 2018, 43
vittime).
"Una campagna di carotaggi più estesa - ha continuato
l'esperto - avrebbe potuto dare maggior informazioni, ma di
fatto la situazione presentava un livello di incertezza non
risolvibile il che implicava, a favore di sicurezza, azioni
immediate. Non esisteva e non esiste nessun controllo o
monitoraggio che possa escludere, esaminando indirettamente la
struttura, la presenza di sezioni localizzate con alta
corrosione. Come segnalato già nel 1986 dal crollo del ponte di
Ynys-y-Gwas, la corrosione localizzata non dà segni premonitori
o anomalie riscontrabili dall'esterno".
L'ingegnere ha anche puntato il dito contro le società
esterne che dal 2015 hanno studiato lo stato del Morandi. "Tutte
le consulenze, Cesi, Edin e del professor Gentile, tendevano a
dare un valore eccessivo alle attività di monitoraggio condotte,
che invece potevano evidenziare solo un sottoinsieme del nutrito
insieme di problemi che si sarebbero potuti presentare. Va però
detto che nessuna di queste entità ricevette un chiaro incarico
teso a stabilire se ci fossero problemi statici. Il controllo
del progetto fatto dal Ministero fu tecnicamente inadeguato
perché accettò supinamente la classificazione dell'intervento
come "locale" proposta dal concessionario".
Sono 58 le persone a processo tra ex dirigenti e tecnici di
Aspi e e Spea, funzionari del ministero e del Provveditorato. Le
due società sono fuori dal processo dopo aver patteggiato 30
milioni. (ANSA).