(ANSA) - PALERMO, 06 APR - "Finalmente una sentenza conferma
quello che dico da 30 anni. E cioè che quella di via D'Amelio fu
una strage di Stato e non solo di mafia e che l'agenda rossa fu
sottratta da uomini dello Stato e non da uomini della mafia".
Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso con cinque
agenti di scorta, accoglie con favore alcuni passaggi della
sentenza del tribunale di Caltanissetta sul depistaggio. Ma
sottolinea: "Questa sentenza descrive uno scenario, conferma il
depistaggio ma non dice chi sono i colpevoli. Dice che è passato
molto tempo ed è quindi difficile risalire ai colpevoli. Per
questo mi sento scoraggiato".
Era lo stesso Paolo Borsellino a paventare, secondo il
fratello, ciò che accadde in via D'Amelio. "Qualche giorno
prima dell'attentato - aggiunge - mio fratello disse alla
moglie: 'Quando sarò ucciso sarà stata la mafia a colpirmi ma
saranno altri ad avere voluto la mia morte'. Quegli altri, come
ben sapeva, erano pezzi deviati dello Stato".
Per Salvatore Borsellino sono ancora significativi i passaggi
della sentenza in cui si parla di "amnesie e contraddizioni" dei
testi. Cita, tra gli altri, "il caso dell'ex magistrato Giuseppe
Ayala che sul passaggio di mano della borsa con l'agenda rossa
avrebbe dato varie versioni".
"Per una strage che ha cambiato la storia del nostro paese -
conclude - la verità va cercata con ogni mezzo, anche dopo tanti
anni. Altrimenti resterà una macchia indelebile nella storia
italiana". (ANSA).