Ha due grandi passioni, i cavalli e la musica lirica. E due cose che proprio non sopporta, il razzismo e il fascismo. Marco Vizzardelli è un giornalista e uno storico loggionista della Scala, visto che aveva solo 10 anni quando entrò per la prima volta al Piermarini per sentire la Quinta di Beethoven diretta da Herbert von Karajan. Ora ne ha 65 e da ieri il suo nome non è noto solo agli habitué scaligeri, ma anche alla Digos che lo ha identificato dopo che ha urlato 'Viva l'Italia antifascista' prima dell'inizio del Don Carlo.
"A dire il vero non ho gridato - precisa al telefono con l'ANSA -, ho detto quella frase con calma e tranquillità. Mi è venuta di getto, è stato lo sfociare logico di tutta una riflessione precedente. Ma ho detto una cosa lapalissiana, non mi aspettavo proprio tutto questo can-can". E invece il suo intervento ha dato vita alla polemica principale che ha animato ieri sera la Prima, perché Vizzardelli è stato identificato dalla Digos durante il primo intervallo. Per la Questura di Milano l'identificazione "è stata effettuata quale modalità ordinaria di controllo preventivo per garantire la sicurezza della manifestazione" e "non è stata assolutamente determinata dal contenuto della frase", ma per Vizzardelli "è stato tutto un po' inquietante", "dentro di me ho pensato che allora siamo veramente sulla soglia di un parafascismo, il dubbio non può non venire".
"Quando mi hanno fermato - racconta - ero un po' scocciato, ho spiegato che non avevo fatto niente e non capivo perché volessero identificarmi. Poi l'ho buttata sul ridere, ho detto che il vero reato sarebbe stato dire 'viva l'Italia fascista', a quel punto potevano legarmi e portarmi via. Si sono messi a ridere anche loro e mi hanno dato ragione".
Gli hanno dato ragione anche i social, con gli hashtag #identificarsi e #vivaliataliaantifascista che sono stati tra i più popolari per tutto il giorno, rilanciati anche da molti esponenti del centrosinistra a partire dal Pd e dalla sua segretaria Elly Schlein. E anche il sindaco Giuseppe Sala in una storia su Instagram ha ironizzato: "al loggionista che ha gridato 'Viva l'Italia antifascista' ed è stato identificato, che gli si fa? Chiedo per un amico".
Alla Scala Vizzardelli era arrivato "rimuginando" e pensando che "qualcosa andava fatto" dopo la polemica sui posti da assegnare sul Palco Reale: "Non mi piaceva che Liliana Segre fosse finita in mezzo a questa polemica, la sua immagine è bellissima per tutti e non doveva fare da paciere sedendosi di fianco a personaggi come Salvini e La Russa, il cui pregresso fascista c'è ed è indiscutibile". "Non sono un pericoloso comunista, non voto Pd e non so manco per chi votare, al massimo sono un liberale di sinistra - prosegue - ma non reggo due cose: qualsiasi vago profumo di fascismo e qualsiasi forma di razzismo.
E ieri avevo davanti due rappresentanti dello Stato come Salvini e La Russa che su entrambi questi fronti mi lasciano molto perplesso".
Mentre il presidente del Senato ha spiegato di non aver sentito niente, il vicepremier ha ricordato che "alla Scala si viene per ascoltare, non per urlare". "Non sa che alla Scala si è sentito ben di peggio - la replica di Vizzardelli - ci è cascato come una pera e la sua reazione mi ha fatto capire che ho fatto bene. E lo rifarei".
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