Carcere a vita per il killer di Fabrizio 'Diabolik' Piscitelli, l'ultras della Lazio ucciso a Roma in un agguato nell'agosto del 2019.
E' quanto hanno deciso i giudici della terza Corte d'Assise dopo oltre cinque ore di camera di consiglio. Ergastolo ma non aggravante del metodo mafioso per il cittadino argentino noto come Raul Esteban Calderon ma la cui vera identità, secondo quanto emerso nel corso del processo, è quella di Gustavo Aleandro Musumeci. Un blitz di morte messo in atto in pieno giorno, nel parco degli Acquedotti. Un agguato che secondo l'impianto della Distrettuale antimafia si sarebbe consumato nel perimetro di una guerra tra gruppi criminali per la gestione delle piazze di spaccio sul territorio della Capitale.
I giudici hanno, quindi, accolto la richiesta di condanna avanzata dai pm che nel corso della requisitoria hanno ricostruito la genesi e la dinamica di quanto avvenuto nell'estate di sei anni fa. Una azione compiuta, secondo l'accusa, "con metodo mafioso e con l'agevolazione di un gruppo criminale, nato dai contrasti tra associazioni organizzate", hanno spiegato i pm Cascini, Palazzi e Ceraso definendo l'evento come uno "spartiacque". Secondo l'accusa, Diabolik è stato punito perché aveva "esondato": la sua morte è stata in sostanza un "avviso ai naviganti: una sanzione che doveva essere compresa da tutti". Piscitelli "non era docile, si atteggiava lui stesso come un capo - ha aggiunto l'accusa -. Piscitelli era tante cose, ha avuto una vita criminale accertata, trattava anche da mammasantissima la pace tra due consorterie mafiose". Il killer ha "mostrato grande freddezza e professionalità" colpendolo "alle spalle con un solo colpo che coglie la vittima di sorpresa". Si tratta di un delitto "compiuto in pieno giorno, in un parco pubblico: in quel momento era presente tantissima gente, impegnata nelle attività più disparata". Nella descrizione di quanto avvenuto, il pm Palazzi ha affermato che il video di una telecamera a circuito chiuso "offre una prova importante, formidabile. Un'immagine piuttosto completa dal momento dell'esecuzione alla fuga del killer. Un filmato che dice tante cose: un runner, atletico, alto, con una vistosa fasciatura sul polpaccio destro proprio lì dove Calderon ha un vistoso tatuaggio". I pm di piazzale Clodio, nel corso della requisitoria, hanno citato anche una serie di testimonianze finite agli atti della indagine della Dda. In particolare le parole della ex di Calderon, Rina Bussone che collegata da un sito protetto nel settembre 2023 ha confermato davanti ai giudici le accuse nei confronti dell'imputato. "Lui mi disse 'ho ammazzato Diabolik'." Ma se per l'accusa il killer è l'autore materiale di un omicidio, i mandanti sono ancora in via di identificazione in un procedimento che è ancora al vaglio degli inquirenti. Lo stesso Calderon, nel corso del processo, ha fornito la sua versione dei fatti respingendo le accuse e dichiarandosi estraneo a quanto avvenuto. In una memoria depositata nell'ottobre scorso l'imputato si è detto "addolorato" per la morte "del signor Piscitelli" aggiungendo di sperare "che verrà fuori chi ha commesso questo bruttissimo delitto e paghi con la giustizia e verso la famiglia di Piscitelli, liberandomi di questa accusa che pesa su di me come un macigno, anche per la mia famiglia che sta vivendo una bruttissima esperienza".
La narcoRoma di Diabolik, ultrà, estremismo e mafie
Ultrà, estremismo e mafie. Il mondo della droga e dello spaccio, quello della curva e della violenza. E il neofascismo. Un intricatissimo intreccio che ha nell'illegalità e nell'intolleranza il proprio comun denominatore. È questo l'ambiente nel quale prolifera la criminalità 'nera' di Roma, quella che aveva in Fabrizio Piscitelli uno dei suoi principali rappresentanti, prima di essere freddato a colpi di pistola nell'estate di sei anni fa su una panchina al parco degli Acquedotti. Quel Diabolik formatosi in curva Nord e cresciuto nel malaffare. Quel criminale con cui Paolo Signorelli - quello che anni dopo sarebbe diventato il portavoce del ministro Lollobrigida - si intratteneva in chat tra insulti antisemiti e esaltazioni del terrorismo nero.
Sono tantissime le inchieste e le indagini sul fenomeno del narcotraffico nella Capitale. Organizzazioni che spesso attingono manovalanza proprio dagli ambienti ultras, in particolare la curva nord, dall'estremismo di destra finendo per stringere accordi con la criminalità organizzata che porta a nomi di spicco come il boss della camorra Michele Senese o il 'Cecato' Massimo Carminati, una vita dalla banda della Magliana a Mafia Capitale ed in mezzo l'estremismo nero. Non mancano i gruppi criminali stranieri, capitanati da quella conosciuta come la 'mafia albanese' con cui lo stesso Piscitelli era in affari. Un fenomeno sul quale sono da tempo accesi i fari della Procura, ma anche dell'Antimafia. "La commissione, presieduta da Chiara Colosimo, aveva già avanzato la richiesta di occuparsi della 'questione Roma', e in particolare della mafia albanese, nell'aprile scorso", fanno sapere fonti della commissione.
A sottolineare lo strettissimo legame tra estremisti politici e trafficanti di droga è stato lo stesso procuratore capitolino, Francesco Lo Voi. "Una forma di narcotraffico si sta legando nel territorio romano a organizzazioni terroristiche estremiste di portata nazionale, ma non per questo meno pericolose - ha detto durante un convegno a Palermo -. Il rischio di creazione di una unificazione di intenti tra estremismo politico e organizzazioni criminali 'pure' può essere particolarmente pericoloso". "A Roma le organizzazioni criminali si occupano principalmente della droga con forme di interazioni tra mafie tradizionali, mafie autoctone e realtà che non sono mafiose in senso stretto - ha evidenziato - Sono realtà che si muovono con un sistema multilivello che parte dalle forniture dalle grandi organizzazioni mafiose, ma anche con diretti agganci col centro e Sudamerica e che hanno una enorme capacità di riciclaggio". Un malaffare diffuso che diventa terreno di scontro fra bande, tra minacce e violenze, agguati e vendette.
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