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Valeria Favorito: 'Fabrizio Frizzi mi donò il midollo, lo volevo al mio matrimonio'

Il medico che lo seguì: 'Salvò la vita alla nostra paziente, tra loro un legame mai interrotto'

"Ero andata a Roma qualche giorno fa per portargli di persona il mio invito di nozze, volevo che lui fosse il mio testimone. Mi disse: se le mie forze me lo consentiranno, oggi sto bene, domani non so". Lo racconta all'ANSA Valeria Favorito, la veronese di 30 anni alla quale Frizzi donò il midollo osseo nel 2000 mentre stava girando una fiction, salvandole la vita.
"Ho perso un fratello - continua Valeria tra le lacrime - una persona a cui tenevo tantissimo". La donna racconta di aver saputo che era stato Frizzi il suo donatore sentendoglielo riferire in televisione. "Dopo l'intervento - aggiunge - ci siamo visti un sacco di volte".

Il medico che eseguì il trapianto: "Frizzi donò midollo e poi tornò al lavoro" - Il donatore c'era ma il trapianto veniva rimandato perché Fabrizio Frizzi era troppo impegnato nella registrazione di una fiction. Lo ricorda il dott. Fabio Benedetti del Reparto di Trapianto del midollo ed ematologia del Policlinico di Verona, il medico che ha eseguito il trapianto del midollo di Fabrizio Frizzi a Valeria Favorito, allora una bimba malata di leucemia. "Lei era giunta da noi da pediatria - ricorda Benedetti - ed era in condizioni gravissime. Tramite il sistema di donazione nazionale sapevamo che c'era un donatore compatibile ma da Roma non arrivavano risposte perché era sempre impegnato e così mi sono impuntato e ho fatto di tutto per accelerare i tempi". "Frizzi - racconta - quando ha saputo del caso di Valeria è stato grande: anziché seguire la prassi, rinunciando in parte anche alla privacy, anziché i cinque giorni di ricovero tra prelievo e post intervento si è preso solo 48 ore per procedere con la donazione". "Ha donato a Roma ed è tornato immediatamente a lavorare - prosegue - e noi, caso unico nella nostra storia che conta centinaia e centinaia di trapianti, abbiamo fatto l'intervento di domenica". Poi Valeria, guardando la televisione, ha scoperto che quel midollo che le aveva salvato la vita era di Frizzi. "Lo ha raggiunto a bordo campo del 'Bentegodi', lo stadio di Verona, durante una 'Partita del cuore' - ricorda Benedetti - è lì si sono abbracciati tra le lacrime. Non si staccavano più l'uno dall'altra". "Frizzi - aggiunge - è tornato più volte a Verona. Un altro bel momento è stato per i 18 anni di Valeria. Tutti in un locale del centro a festeggiarla e c'era anche lui, quello che lei chiamava il suo fratello più grande, mentre per Frizzi lei era la sorellina".

Unitalsi: 'Buon pellegrinaggio Fabrizio, uomo generoso' - Fabrizio Frizzi è testimonial dell'Unitalsi fin dal 2001 ed ha prestato il suo volto e la sua disponibilità per la Giornata nazionale, l'evento più importante che l'Associazione organizza ogni anno e che coinvolge migliaia di volontari e ammalati in tutta Italia. Per anni ha partecipato a diversi pellegrinaggi verso Lourdes. "Ci ha lasciato un amico, un professionista, un pezzo della storia del piccolo schermo. Ma ci ha lasciato anche un volontario, una persona scrupolosa e attenta ai bisogni dell'altro, che sa chinarsi verso chi è in difficoltà, senza nessuna forma di pietismo ma solo e sempre con il suo grande sorriso", ha detto il presidente dell'Unitalsi Antonio Diella che da più dieci anni ha condiviso con Fabrizio tanti pellegrinaggi verso Lourdes e tante serate in favore dei bambini e degli ammalati dell'Unitalsi.
"Di Fabrizio mi ha sempre colpito la sua estrema gentilezza, quella sua affabilità che insieme al suo sorriso sapeva conquistarti. Mai un no, mai un 'non posso', sempre disponibile a partire per abbracciare i bambini e le persone che soffrivano. Ci mancherà una persona veramente speciale". "Fabrizio è stato un amico fraterno, una persona umile, generosa non si sottraeva mai a nessuno, aveva sempre tempo per una parola e un abbraccio per tutti", ricorda, Massimiliano Fiore dell'ufficio stampa Unitalsi. "In uno dei suoi ultimi spot, che Fabrizio ha registrato per l'Unitalsi, parlò proprio della sua esperienza nel conoscere la malattia dei nostri soci disabili e ha più volte confidato che sono stati sempre loro i veri portatori di quel messaggio di speranza e di gioia per la vita, capaci di trasmettergli la voglia di lottare, di avere coraggio e di non abbandonare mai la speranza".

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