Con cinque candidature 'pesanti' tra cui Miglior film, Miglior attore (Viggo Mortensen) e Miglior attore non protagonista (Mahershala Ali) Green Book di Peter Farrely, in sala dal 31 gennaio con Eagle Pictures, già vincitore di tre Golden Globe e del premio del pubblico a Toronto, è certamente tra i film dell'anno e tra i favoriti alla Notte degli Oscar il 24 febbraio. Per la storia e per quello che rappresenta, in tema di inclusione razziale e diversità.
E' la storia della vera storia dell'amicizia, durata tutta la vita, nata nel 1962 fra un virtuoso afroamericano del pianoforte, Don Shirley (Ali) e il buttafuori italo americano Tony Vallelonga (Mortensen), ingaggiato dal musicista per fargli da autista e 'risolviguai' durante un tour negli Stati Usa del sud, dove il razzismo era ancora profondamente radicato. "Green Book non ti dice cosa devi pensare, ascoltare o vedere - ha detto Viggo Mortensen, notoriamente poliglotta, in un ottimo italiano, che gli ha anche consentito di interpretare al meglio la lingua ibrida parlata dagli italoamericani come Vallelonga -. Secondo me è un invito a fare un viaggio, a ridere, a piangere e se vuoi forse a riflettere sui limiti delle prime impressioni. Non è una lezione forzata, è una bella storia condivisa del passato che può aiutarci a capire il presente".
L'attore newyorchese di origini danesi, che aveva presentato il film alla Festa di Roma 2018, pensa che "queste storie ti permettano di conoscere un po' di più chi è diverso da te. Sono molto importanti in questo momento - sottolinea - perché si vede in giro tantissima misoginia e ignoranza, ad esempio su temi come la crisi dei migranti o la religione. Mi spavento soprattutto quando vedo che persone di potere, dai politici ai sindacalisti, sono ignoranti nella stessa maniera o fingano di esserlo, per arrivare o rimanere al potere. D'altronde il percorso dell'umanità non è diretto, ma pieno di deviazioni e a volte si fanno dei passi indietro, come sta succedendo in tante parti del mondo, Italia compresa".
Il progresso dell'umanità "viene anche dai piccoli gesti quotidiani, come chiedere scusa se urti qualcuno per strada". Green Book è basato sulla sceneggiatura scritta dall'attore Nick Vallelonga (figlio di Tony, morto nel 2013, come Shirley) con Brian Currie e il regista Peter Farrelly, uno dei re della commedia Usa in coppia con il fratello Bobby, qui al primo film da solo e alle prese con un genere diverso, la dramedy. Tony Vallelonga, detto Tony Lip, padre dei famiglia del Bronx, molto innamorato della pazientissima moglie Dolores (Linda Cardellini) si mantiene con lavoretti e scommesse. Risoluto e affabulatore, quando il club dove lavora viene momentaneamente chiuso, accetta di lavorare per Don Shirley, raffinato e riservato pianista che vive in un lussuoso appartamento al primo piano della Carnegie Hall. Il musicista ha bisogno di un uomo come Tony per risolvere eventuali problemi legati al doversi spostare in stati fortemente razzisti e infatti gli ostacoli e le situazioni rischiose non mancheranno.
Tra i due uomini, però nei lunghi spostamenti in macchina, nasce una reciproca comprensione e voglia di conoscenza. Mortensen, che per il ruolo è ingrassato una quindicina di chili ("quello è stato piacevole e facile, basta mangiare, ma ci è voluto un po' per perdere quel peso") ha definito la sceneggiatura di Green Book (nomination all'oscar) come "una delle più belle e meglio scritte che abbia mai letto - ha detto -. Ho trovato la storia incredibile, mi ha fatto ridere e piangere. Ero un po' teso perché non sono italiano e sentivo molto la responsabilità di rendere al meglio, senza trasformarlo in una caricatura, questo personaggio. Mi ha molto aiutato la famiglia di Tony, con cui ci siamo capiti subito, a tavola, mangiando insieme per cinque ore. Quando poi li ho visti commuoversi sul set, ho capito che era andata". E' stata molto importante anche l'alchimia con il premio Oscar Mahershala Ali, che Mortensen stima molto: "E' una persona di grandissima generosità".