"Il mondo è cambiato, la coscienza di classe non c'è più, come quando gli operai uscivano insieme dalle fabbriche: per averla bisogna stare vicini, ascoltarsi, toccarsi. Oggi i luoghi collettivi sono spariti, anche nel terziario si lavora separati. Il cinema è uno degli ultimi di questi luoghi e per questo bisogna salvaguardarlo". Festeggia i 70 anni al Laceno D'oro International film fest edizione 48, con una masterclass che va ben oltre lo schermo, il regista francese Robert Guédiguian maestro del cinema sociale e politico. Ha fatto della sua Marsiglia 'la forma e il linguaggio' di una narrazione, paragonata spesso a quella letteraria di Izzo, segnata sempre dalla solidarietà umana. Ad Avellino, che lo premia nel nome del fondatore dello storico festival Pier Paolo Pasolini ("Un maestro, 'Una vita violenta' mi ha influenzato in maniera fondamentale, un intellettuale che non aveva paura di andare controcorrente") si è visto anche in anteprima 'E la festa continua!', nelle sale italiane ad aprile. Nel cast la moglie musa Ariane Ascaride che, assente perché impegnata a teatro, gli ha fatto arrivare un messaggio fin sul palco. Un'onda di amore e passione civile che ha stregato la platea.
"Il film inizia con degli immobili crollati in un popolare quartiere di Marsiglia - racconta il regista di cult come 'Marius e Jeannette', 'Le passeggiate al Campo di Marte', 'Le Nevi del Kilimangiaro' - un fatto realmente accaduto nel 2018 che portò ad una mobilitazione dal basso, alla solidarietà tra persone che non avevano mai fatto politica, suscitando un cambiamento concreto. La politica è la storia del mondo nel momento in cui avviene, ma raccontare la storia vuol dire vuol dire fare politica, niente è neutro. L'unico modo degno di vivere è farlo insieme agli altri, collettivamente". Tante le domande da un pubblico attento e felicemente cinefilo che affolla questo curatissimo festival 'del reale'. "Mi interessa la relazione tra la grande storia e quella intima e sociale dei personaggi, la famiglia che è un piccolo mondo: la storia più importante è quella che accade nelle stanze delle case. Mentre i poteri fanno leggi, il popolo spesso prende decisioni opposte a quelle dei palazzi, e resiste. Tra utopia e disincanto". E ancora, a chi gli chiede della sua battaglia etica: "Non bisogna attendere geni e nuovi profeti che ci diano risposte definitive ma impegnarsi in permanenza per rendere questo mondo migliore. Dobbiamo essere noi a provare tutti giorni ad inventare momenti 'comunisti', attimi dove c'è armonia tra individuo e collettività intesa anche come la propria strada, il posto di lavoro, il condominio. Renderci conto che non stiamo facendo una cosa solo per profitto personale ma insieme agli altri e con gli altri."
C'è anche la famiglia al centro del suo lavoro e del suo cinema. "È il primo luogo di socializzazione, non credo al valore del sangue, famiglia è quando accogliamo qualcuno che non conosciamo, avere un figlio non vuol dire esserne il proprietario, ma conoscere un individuo per la prima volta, come uno straniero. Famiglia è un collettivo aperto dove persone vengono ospitate, i migranti arrivano". E con la sua affiatatissima 'famiglia' cinematografica sta già lavorando al 24/o film: "Non è un'utopia. Funziona stare insieme".
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