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Dakota Johnson e Sean Penn in taxi verso la Grande Mela

Dakota Johnson e Sean Penn in taxi verso la Grande Mela

Una notte a New York, piccola storia con implicazioni universali

ROMA, 10 dicembre 2024, 20:02

Redazione ANSA

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Non è certo 'L'alcova d'acciaio' di Marinetti, ma solo un classico Ford Cab giallo newyorkese l'unica location di 'Una notte a New York', opera prima di Christy Hall (sceneggiatrice di 'It Ends With Us - Siamo noi a dire basta') che arriva in sala il 19 dicembre con Lucky Red. È qui infatti, nel percorso di oltre un'ora dall'aeroporto JFK di New York a Manhattan, che si svolge la lunga conversazione tra due perfetti sconosciuti: la cliente Girlie (Dakota Johnson, anche produttrice del film) e il conducente Clark (Sean Penn).

Inizialmente concepita per essere un'opera teatrale, 'Una notte a New York' racconta appunto il viaggio in taxi di questa giovane donna molto bella con il tassista-filosofo Clark, un uomo pieno di esperienza. Durante il tragitto il taxi diventa una specie di confessionale dove si consuma, ma solo alla fine e non a caso, l'ammissione della donna che dichiara a Clark che le sue intuizioni erano giuste: ha davvero come amante un uomo sposato molto più grande di lei (come indica puntualmente il titolo originale 'Daddio', ovvero 'paparino').

'Una notte a New York' è una storia semplice e, come dice anche la regista, "universale", sul come si possa ancora comunicare tra due estranei, rasentando attrazione e intimità, e al di là di ogni differenza sociale. "L'esperienza unica di chiacchierare con un tassista sboccato di New York sta innegabilmente facendo la fine dei dinosauri, rendendo questo film una sorta di capsula del tempo - dice a Roma la regista Christy Hall -. È questa una piccola storia con implicazioni universali. La nostra connessione con gli altri, in particolare con coloro che non pensano, parlano o agiscono esattamente come noi, si sta estinguendo. Ma non fatevi illusioni. Un estraneo può cambiarci la vita, se solo siamo disposti ad ascoltare".

E ancora la regista: "Il taxi in fondo é solo una metafora della solitudine, ma in questo spazio chiuso siamo disponibili ad aprirci, c'è ancora la possibilità di collegamento, di condividere le proprie esperienze".

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