Arriva un'altra mazzata fiscale sulle banche italiane. Inaspettatamente il governo sceglie di finanziare parte del taglio del cuneo con il raddoppio della tassazione, al 26%, sulla rivalutazione delle quote della Banca d'Italia e un gettito quindi che sale di 1,2 miliardi a circa 2,4 miliardi di euro. Un maglio, peraltro una tantum, che colpirà principalmente i maggiori azionisti di Via Nazionale (Unicredit e Intesa Sanpaolo) ma che proprio per questo rischia di dar luogo a ricorsi. A caldo le banche non nascondono la loro irritazione sia per il contenuto che e per il metodo. La notizia arriva infatti con l'uscita delle prime bozze nel tardo pomeriggio del Def ed è definita dal dg dell'Abi Sabatini "ingiusta e illogica".
In ambienti bancari non si nascondono le perplessità e le critiche. Prima del decreto sulle quote, che già all'epoca scatenò una feroce polemica contro "il regalo alle banche" fra le diverse forze politiche infatti fu previsto un aumento dell'Ires di 8,5 punti percentuali sulle banche che lo fece schizzare a oltre il 30% per non far pagare la seconda rata dell'Imu ai contribuenti. Un incremento che si è riflesso nei bilanci 2013 delle banche, molti dei quali hanno segnalato nero su bianco la differenza fra utile lordo e netto a causa dell'aumento della pressione fiscale. Un cambiamento delle regole quindi che peraltro arriva proprio in vista dell'esame Bce per il quale le banche italiane stanno affrontando una pesante 'cura' fatta di svalutazioni, pulizia di bilancio e aumenti di capitale. Peraltro il decreto Bankitalia non è servito nemmeno, per l'opposizione della Bce, a rafforzare il patrimonio delle banche nell'Aqr poichè verrà conteggiato solo dal 2015 (sebbene gli utili delle eventuali vendite delle quot eccedenti) possono arrivare quest'anno.
Le misure quindi, è il ragionamento che si raccoglie fra gli istituti di credito, le pongono svantaggiate di fronte alla rivali europee proprio in un momento in cui si chiede loro, l'ultimo è l'Fmi, una ripartenza del credito per favorire la ripresa.