Recupero della produttività attraverso "la valorizzazione del capitale umano" (Jobs act, Buona Scuola), riduzione dei costi d'impresa dovuti "alla complicazione e all'inefficienza dell'amministrazione pubblica, attraverso la semplificazione burocratica e la trasparenza dell' amministrazione" (Riforma della Pubblica Amministrazione, interventi anti-corruzione, riforma fiscale), eliminazione dell'incertezza nei rapporti economici legata alla scarsa certezza del diritto (nuova disciplina del licenziamento, riforma della giustizia civile). Sono queste le linee fondamentali della strategia economica del governo, messe nero su bianco nel Piano nazionale di riforme che approderà in consiglio dei ministri per il via libera definitivo al Def.
Il cronoprogramma del governo parte proprio da qui. In primis dal mercato del lavoro, cui si accompagnano la competitività , la riforma della giustizia e della Pubblica Amministrazione, il contrasto alla corruzione, le semplificazioni fiscali, la riforma del sistema scolastico e la concorrenza. Su alcune "azioni", l'esecutivo è già a buon punto o conta di chiudere entro l'estate.
Su altre mancano ancora dei tasselli fondamentali. Ma bisognerà andare avanti a spasso spedito anche perché, come calcolato nello stesso Def, l'attuazione delle riforme strutturali porterà ad un aumento del Pil di 0,4 punti l'anno prossimo, di 1,8 nel 2020 e di 3,1 nel 2025. Nel macro comparto fiscale, un capitolo ancora tutto da definire è per esempio quello della tassazione sulla casa. I piani sono noti: sostituire Imu e Tasi con un'unica Local Tax. L'esecutivo ci ha già provato lo scorso anno, ma la partita con i Comuni è talmente complicata da aver determinato uno slittamento, con ogni probabilità , alla legge di stabilità di quest'anno.
Sul fronte fiscale, confermato il completamento della delega fiscale entro settembre, si dovrebbe inoltre procedere con un altro obiettivo indicato da anni ma mai effettivamente realizzato, ovvero la "razionalizzazione" delle tax expenditures. L'idea sarebbe quella di ricavarne circa un miliardo e mezzo da sommare alla spending review di Yoram Gutgeld e Roberto Perotti. Proprio il neo commissario ha fornito qualche indicazione in più rispetto all'obiettivo di 10 miliardi. Innanzitutto su cosa non sarà toccato: posti di lavoro nella pubblica amministrazione e pensioni.
"Non prevediamo di licenziare personale. "Trasferiremo i dipendenti dove c'è bisogno, - ha spiegato - rendendo più efficiente il personale pubblico. Infatti, stiamo pensando agenzia della mobilità ". Allo stesso modo "le pensioni non verranno toccate: abbiamo ritenuto che per ottenere un risparmio significativo avremmo dovuto toccare anche quelle da due-tremila euro che sono buone pensioni ma non da ricchi. Perciò abbiamo deciso di non farlo", ha assicurato. Piuttosto bisognerà "non solo tagliare ma spendere in modo diverso: rendere la spesa sociale più qualificata, rivedere gli investimenti, eventualmente riducendoli anche".