I decreti Madia sul riordino delle partecipate e sull'acceleratore per le grandi opere sono vicini al traguardo. Dopo il via libera, seppure con paletti, di Camera e Senato i provvedimenti attuativi della riforma della Pubblica Amministrazione aspettano solo di passare in Consiglio dei ministri, entro luglio. Nel frattempo il Governo sta studiando come recepire le condizioni poste dal Parlamento. Sul testo che dimezza i tempi della burocrazia per i progetti, pubblici o privati, considerati strategici, si preannuncia un lavoro senza intoppi, con il riconoscimento di un ruolo più rilevante per le Regioni. Quanto al provvedimento che mira a sfoltire le società a partecipazione pubblica l'operazione è più complessa vista la lunga serie di cambiamenti chiesti da deputati e senatori. L'esecutivo sta cercando di tenere conto di tutti i suggerimenti e non ci dovrebbero essere problemi per l'accoglimento delle richieste sull'estensione della platea dei manager interessati dai tetti agli stipendi e sullo stop alle buonuscite 'facili'. Di certo il quadro sembra essersi definito per lo 'sblocca opere', con il Governo intenzionato a far sue le proposte avanzate delle camere nei pareri. I punti cardine del decreto stanno nella sforbiciata dei tempi, fino al 50% in meno, per le procedure amministrative e nella possibilità di ricorrere ai poteri sostitutivi del premier in caso di stallo. Rispetto al testo originario, Montecitorio e palazzo Madama chiedono che nell'individuazione dei progetti (ogni 31 marzo dovrà essere stilata un'apposita lista) siano "sentiti i presidenti delle Regioni interessate". Il coinvolgimento delle realtà territoriali viene inoltre caldeggiato per ogni tipo di situazione e non solo quando è escluso "il preminente interesse nazionale alla realizzazione dell'opera". Sempre con lo scopo di dare più voce agli enti locali, viene inserita come condizione la messa a punto in Conferenza unificata di una griglia con "i criteri per la selezione dei progetti" a cui riconoscere l'iter sprint. Poi, in linea con quanto previsto nella delega Madia, si chiede di chiarire che "i poteri sostitutivi" siano attribuiti al premier "previa delibera del Consiglio dei ministri". Sulle partecipate l'aggiustamento del testo appare più laborioso, visto il numero e il peso delle correzioni indicate dal Parlamento. Si va da un ammorbidimento dei divieti per il conferimento di incarichi a chi è già dipendente pubblico a una definizione del danno erariale che mira a colpire la 'malagestio', da una gestione su base regionale del personale delle società da chiudere (i sindacati stimano circa 150 mila esuberi) a un'ulteriore stretta sugli stipendi, che includa anche i manager delle società a partecipazione rilevante e non dominante. Tra le novità che potrebbero arrivare c'è anche il divieto di buonuscite per coloro che alla fine o anche prima della fine del mandato sono nominati amministratori in altra società a controllo pubblico.
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