Il colore dominante è ancora quello giallastro del deserto. Ma il via vai dei camion è incessante e le gru al lavoro sono centinaia. Mancano nove mesi esatti all'appuntamento con l'Expo 2020di Dubai: quasi ad inseguire i ritmi naturali di una nascita, l'enorme distesa che ospiterà l'esposizione ha preso vita. Ovunque operai dalle tute colorate sono alla presa con la sfida che in pochi mesi realizzerà di fatto una città del futuro, tecnologica e sostenibile. Nel padiglione italiano la macchina organizzativa gira a pieno ritmo. Sono state rimosse tonnellate di sabbia e realizzate le fondamenta della struttura che si snoderà in 3.500 metri quadrati per un'altezza di 27 metri. Presto i turni di lavoro, come previsto dal cronoprogramma, diventeranno tre e copriranno tutte le 24 ore. "Non ci sono ritardi - dice l'architetto Italo Rota che insieme a Carlo Ratti, Matteo Gatto e F&M Ingegneri ha firmato il progetto e ora lo segue passo passo - I lavori procedono come previsto e il rapporto con le molte aziende coinvolte è molto collaborativo". Già perché la sfida del padiglione italiano non è quella di mettere in mostra innovazione e sostenibilità, bensì quella di essere innovazione e sostenibilità, concetti reali che diventano parte integrante della struttura con progetti ad hoc Sfogliando il progetto si scopre che non ci sarà climatizzazione perché non ce ne sarà bisogno e che l'energia sarà autoprodotta, in parte da alghe. Alghe nel deserto, sì. Ci saranno grandi superfici di acqua con alghe che assorbiranno la Co2, produrranno energia e - esempio di economia circolare - finiranno anche nella cucina del ristorante italiano.
Per rivestire una parte della passerella interna al padiglione, poi, si useranno prodotti realizzati anche con i fondi di caffè e con le bucce di arance. Quest'ultime saranno fornite da una start up siciliana e saranno lo scarto della lavorazione di succhi di frutta. E l'auditorium - 254 metri quadrati, 144 posti a sedere - sarà realizzato anche utilizzando materiale derivante da funghi, con un impatto che sarà anche olfattivo.
Non nasconde il suo coinvolgimento emotivo l'architetto Francesco Strocchio, giovane project leader della Carlo Ratti associati. "Siamo contenti del progetto", ammette. Racconta che alla fine ci sarà una sorta di padiglione aperto, che consentirà di vedere in parte anche l'interno attraverso una sorta di corde nautiche che circonderanno la struttura. Una volta calato il sole, faranno filtrare le luci dall'interno, mentre intorno si colora la sabbia del deserto che avvolge il basamento della struttura. "La sera quando sarà accesa sarà bellissima", promette il giovane architetto.
Il padiglione Italia - che sarà in una zona di grande visibilità dedicata a Opportunità e Sostenibilità, e svetterà vicinissimo a quello dei padroni di casa degli Emirati Arabi Uniti - si propone come una sorta di approdo sicuro per i naviganti-visitatori di una terra così lontana. Questo vogliono significare i tre scafi rovesciati, realizzati grazie a Fincantieri, che faranno da tetto. Saranno colorati dal gruppo Boero con vernici bianche rosse e verdi per il tricolore più grande che sia mai stato realizzato. Del resto per i navigatori del passato gli scafi consentivano di arrivare a terra e poi venivano rovesciati per creare il rifugio protetto sotto il quale dormire, un tetto sicuro.
Al momento, dietro tre bandiere che segnano l'ingresso nell'area di lavoro del padiglione Italia, ci sono gli operai alle prese con le fondamenta. Presto arriverà il momento della posa degli acciai, la struttura inizierà a crescere e poi pian piano il 'bambino' italiano di Dubai prenderà forma...il Teatro della Memoria, il Belvedere, l'area con le storie e l'osservatorio dell'innovazione. "L'obiettivo - spiega Italo Rota - è quello di far portare le novità tecnologiche nella vita di tutti i giorni, indicare una strada per la gestione dei tempi e per un uso corretto dell'intelligenza artificiale. Magari suggerendo settori sui quali puntare nel lavoro, come quello della conquista dello Spazio nel quale l'Italia ha un grande ruolo".
L'impresa appare impegnativa. Ma non si avverte alcuna incertezza o ansia nella voce di chi è alle prese con la realizzazione del padiglione. La sfida con gli altri 191 paesi presenti all'Expò non sembra esserci. "La competizione che viviamo - afferma Strocchio - è quella di arrivare bene alla fine". Piuttosto - mentre Greta affronta i grandi tra la neve del forum di Davos - nel deserto di Dubai si parla di impegno comune. "Nessuna gara. Non c'è una sfida - dice serio Rota - Siamo convinti che nessuno fa miracoli ma che ciascuno può fare la sua parte. E siamo tutti impegnati nel progetto di salvare il pianeta".
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