Il mondo è in recessione, dice senza ombra di dubbio Kristalina Georgieva. Pur senza sbilanciarsi sull'ampiezza del rallentamento il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale avverte: potrebbe essere come o peggio del 2009. Parole da brivido alle quali fa eco l'appello dell'Ocse a fare presto e spendere ora per evitare conseguenze tragiche, considerato che il pil globale perde due punti percentuali per ogni mese di misure di contenimento. Gli allarmi lanciati dalle due organizzazioni internazionali si sommano ai dati economici da brivido che arrivano dalle due sponde dell'Atlantico e all'impasse sui 'coronabond'. Il risultato è un nuovo tonfo delle borse, con l'Europa tutta in rosso e Londra maglia nera in calo del 5,25%. Piazza Affari chiude perdendo il 3,15% appesantita dalle banche e dallo spread in rialzo a 180. Sulla seduta a Milano arrivano come una doccia fredda i dati dell'Istat e le stime di Prometeia.
In base alle stime dell'Istituto Nazionale di Statistica la fiducia di imprese e consumatori in marzo regista una "forte diminuzione" a valori che non si vedevano dal giugno 2013 e dal gennaio 2015. Prometeia invece prevede una contrazione dell'economia italiana del 6,5% nel 2020 con un deficit al 6,6% del pil e un debito al 150%. Il 2021 sarà però l'anno del rimbalzo anche se graduale: il pil salirà del 3,3% il prossimo anni, per poi segnare un +1,2% nel 2022. Chiude in calo anche Wall Street, dove il Dow Jones perde il 4,12% ma riesce ad archiviare la settimana in rialzo del 13%: si tratta del maggior rialzo settimanale dal 1938. Fra gli investitori sembra essere svanita l'euforia per il piano di aiuti da 2.000 miliardi di dollari per l'economia americana, lasciando spazio al riaccendersi dei timori sulla diffusione del coronavirus negli Stati Uniti che, superata la Cina, volano verso i 100.000 casi. Il crollo della fiducia dei consumatori in marzo scesa ai minimi dal 2009 e le stime di S&P, che vede gli States già in recessione con un pil in calo del 12,7% nel secondo trimestre, innervosiscono gli investitori, preoccupati sull'adeguatezza del piano di aiuti approvato dal Congresso e firmato, tramutandolo di fatto in legge, da Donald Trump.
"E' un'arma potente che si va ad aggiungere alle misure della Fed", dice Georgieva. Un'arma che va bene per gli americani e per il resto del mondo, aggiunge senza però nascondere la gravità della situazione a livello globale. Il Fondo - spiega Georgieva - ha ricevuto già richieste di aiuto da 80 paesi e stima in almeno 2.500 miliardi di dollari le necessità finanziarie delle economie emergenti. "Vinceremo la guerra e l'economia tornerà a correre", dice sicuro il segretario al Tesoro americano, Steven Mnuchin, ritenendo possibile una crescita al 5% nel quarto trimestre.
Poi rassicura: "Spenderemo quanto è necessario per tutelare gli americani". Parole incoraggianti ma che lasciano scettici gli analisti: "Vogliamo vedere il picco dei casi, da quel punto potrà partire il conto alla rovescia per la riapertura" dell'economia. Secondo gli osservatori non va dimenticato neanche l'impatto del paino di stimoli sui conti pubblici americani: William Foster di Moody's prevede un deficit federale al 10-12%, rispetto al 4,9% del pil pre-coronavirus stimato dal Congressional Budget Office. Fitch prevede un deficit ancora più in alto, al 13%. Si tratta di numeri superiori a quelli del record precedente post-Seconda Guerra Mondiale stabilito nel 2009, quando il era al 9,8% del pil.
I cali a Wall Street sono generalizzati. Boeing crolla del 10,27% dopo aver detto al governo di non aver bisogno del suo salvataggio. In forte calo anche le compagnie per crociere, escluse all'ultimo minuto dal pacchetto di aiuti del Congresso. Carnival perde il 19,14%, Royal Carribean il 15,05%. Pesante anche il petrolio: a New York che chiude a New York sotto i 22 dollari al barile. Un calo dettato dall'attesa caduta libera della domanda mondiale con i trasporti aerei fermi e più di un miliardo e mezzo di persone costrette a casa.