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Aspi nel mirino del governo, 'inaccettabile ultimatum'

Atlantia: 'Vogliamo risposte'. M5S attacca: 'Commissariarla'

Il Governo non accetta ultimatum o ricatti da Atlantia. La minaccia di sospendere i 14,5 miliardi di investimenti promessi dalla controllata Autostrade per l'Italia finché non arrivano le garanzie statali sugli 1,25 miliardi di prestiti richiesti, scatena le ire dell'esecutivo. Ma la società respinge le accuse e si difende: abbiamo bisogno di risposte. Intanto la vicenda apre una frattura interna alla maggioranza, con i 5s critici nei confronti della ministra dei trasporti del Pd Paola De Micheli, il cui dossier - sostengono - non l'ancora visto nessuno. All'indomani del comunicato di Atlantia, che denuncia i "gravi danni" determinati dal contesto di "incertezza" per la mancata decisione sulla revoca della concessione e la "grave tensione finanziaria" per i downgrade decisi dopo il Milleproroghe, la prima bordata arriva dai 5s. Gli stessi che, per bocca del vice ministro dello sviluppo Buffagni nei giorni scorsi avevano già espresso il loro no alla garanzia pubblica, spingendo Atlantia a fare quest'ultima mossa.

Ora è il viceministro delle infrastrutture ad alzare la voce: E' un "ricatto", dice Giancarlo Cancelleri, che si rivolge alle altre forze di maggioranza, a Pd e Iv, sollecitandoli a chiudere questa vicenda con la revoca: "Stiamo perdendo tempo revochiamogli le concessioni, questa non è gente seria". Tra l'altro i grillini sanno già come procedere: "Noi un piano ce l'abbiamo, commissariare direttamente Aspi" e sostituire Spea con Anas, dice il viceministro. Che si scaglia contro la sua stessa ministra, Paola De Micheli, titolare del Mit: il dossier messo a punto dalla ministra sulla vicenda Aspi, "non lo conosce nessuno, né il M5s, né altre forze di governo, né Conte", dice Cancelleri, che invita la ministra dem a tirarlo fuori, in modo da poter iniziare la discussione. Critiche cui la ministra non replica direttamente. Ma fonti del Mit assicurano che il dossier è già stato "completato" e inviato alla presidenza del consiglio per avviare il confronto "prima della decisione che avverrà in cdm". Al netto di questo, tuttavia, il Mit - che precisa di non essere coinvolto sul prestito chiesto da Aspi allo Stato - replica duramente alla mossa dei Benetton: "Il comunicato stampa di Atlantia ha il sapore di un ultimatum" e siccome nessuno, "né tanto meno Atlantia, può permettersi di minacciare le istituzioni", il Mit ricorda che "determinate decisioni vanno aspettate con rispetto delle istituzioni e di coloro che hanno lavorato senza mai fermarsi alla procedura di caducazione".

Posizione condivisa anche dal Pd, col vicepresidente Andrea Orlando che suggerisce di "evitare ultimatum e ricatti" e cambiare i toni. Ma la società si difende. "Nessun ultimatum", precisano fonti di Atlantia ricordando le 9 lettere inviate da gennaio a tutti gli attori istituzionali coinvolti e rimaste tuttora senza formale risposta "su nessuno dei punti salienti evidenziati o delle proposte formulate" e i due anni trascorsi in attesa di una decisione sulla concessione. Ora, c'è il problema del prestito: ma i 13 miliardi che Aspi dovrà raccogliere per i prossimi 6 anni per spese di investimento, manutenzione e rimborso dei debiti in scadenza, "rappresentano 10 volte il valore del prestito", fanno notare le stesse fonti, che confida in un "rapido superamento dello stallo", dicendosi certe che nessun attore Istituzionale voglia recare deliberatamente danno ad una grande azienda del Paese, che impegna solo in Italia 13.500 dipendenti". Nella maggioranza si distingue la posizione dell'Iv, che dice basta alla demagogia: non si non si può far morire un'azienda come Atlantia e Aspi deve poter accedere al credito. Si scagliano dalla parte di Atlantia anche i sindacati, che considerano "sbagliato" negare la linea di credito necessaria per la liquidità, temono per i lavoratori e sollecitano il Governo a prendere una decisione al più presto. "Non si può stare due anni in questa situazione", osserva anche il sottosegretario alle infrastrutture Salvatore Margiotta: qualsiasi sia la decisione, revoca o non revoca, "va assunta subito".

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