L'atteso, ma non scontato, accordo sul Superbonus alla fine è arrivato. Con un testo in extremis che sblocca la cessione dei crediti limitando la responsabilità solidale. Una mediazione di cui i partiti fanno a gara per intestarsi il merito, a partire da Giuseppe Conte per il Movimento 5 Stelle, e che sblocca uno stallo che da giorni teneva in scacco i 17 miliardi di sostegni a famiglie e imprese del decreto aiuti bis. Aprendo anche la strada verso la prossima tranche di misure contro il caro-energia, per la quale il governo è già pronto a mettere sul piatto altri 12-13 miliardi e che potrebbe vedere la luce entro la settimana.
Dopo giorni di lavoro in Senato, tra le resistenze del M5s e la mediazione del governo per evitare un condono tombale, la schiarita è arrivata in mattinata, quando il sottosegretario all'economia, il leghista Federico Freni, si è presentato all'avvio dei lavori con l'attesa riformulazione, annunciando ottimista: "Accontenterà tutti". La soluzione trovata prevede che la responsabilità in solido nella cessione dei crediti di bonus edilizi e superbonus si configuri solo se il concorso nella violazione avviene "con dolo o colpa grave". E stabilisce che, per i crediti sorti prima della stretta anti-frode del novembre 2021, i soggetti diversi da banche, intermediari finanziari e assicurazioni, debbano acquisire comunque l'asseverazione ex post. Una formulazione che accontenta tutti, con la corsa dei singoli partiti a mettere la bandierina sull'intesa. Conte si attribuisce il merito di una soluzione che salva 40mila imprese edilizie, lavoratori e famiglie e, dopo giorni a sentirsi accusato di ostruzionismo, attacca: "Ora Letta chieda scusa e con lui tutti gli altri". Il Pd replica secco: si scusi lui di aver fatto cadere governo. E si unisce al coro dei partiti impegnati a mettere il cappello sulla mediazione: "salviamo gli onesti e blocchiamo le frodi", dice la Lega; abbiamo lavorato fin dal primo giorno per una soluzione, puntualizzano i Dem. L'Ance, l'associazione dei costruttori, plaude allo "sforzo di tutti", che ha permesso di vincere una "grande battaglia". Più caute le banche: è "un passo avanti", dice l'Abi, ma ora tocca all'Agenzia delle Entrate adeguare la circolare di giugno".
L'intesa sul superbonus sblocca di fatto il percorso di tutti gli altri emendamenti al decreto, approvati prima in Commissione e poi in Aula (il decreto ottiene 182 sì, senza nessun contrario): si va dalla modifica sul docente esperto (altro nodo su cui si era incagliato il provvedimento, risolto cancellando la qualifica) all'attesa proroga dello smart working per fragili e genitori under 14, dall'innalzamento del tetto (da 750 a 1.000 euro) per l'impignorabilità delle pensioni, alla norma che consente una deroga al tetto sugli stipendi dei manager di Stato per molte figure di vertice della P.a. e delle forze dell'ordine. Salta invece la stretta sulle delocalizzazioni che però dovrebbe essere recuperata con il prossimo decreto aiuti ter. Decreto cui si continua a lavorare, ma che prima di arrivare in cdm deve completare qualche passaggio. Il primo è arrivato oggi con l'ok del Senato (giovedì toccherà alla Camera, che voterà anche sul dl aiuti bis) alla Relazione sull'aggiustamento di bilancio che autorizza l'utilizzo di 6,2 miliardi di extragettito. Un 'tesoretto' che consentirà di portare la dote complessiva del dl a quasi il doppio. Le misure in cantiere sono destinate soprattutto alle imprese, per le quali c'è da scongiurare il rischio di blocco produttivo. In particolare, si lavora alla proroga del credito di imposta, con possibile estensione anche ai piccoli esercizi (quelli con potenza sotto i 16,5 kw). Perde quota, considerata solo alternativa, la cig scontata. Torna anche la rateizzazione delle bollette per il quarto trimestre dell'anno. Per le famiglie si punta ad ampliare il bonus sociale. Nel provvedimento si starebbe studiando anche una possibile accelerazione rispetto all'Europa sul fronte dei prezzi energetici, agendo sul costo del gas e sulla separazione dei prezzi dell'elettricità .
STIPENDI PUBBLICI, STOP TETTO
RIMPALLO GOVERNO-PARTITI
Filtra "disappunto" da Palazzo Chigi dopo che il Senato ha dato il via libera, con il decreto aiuti bis, a una deroga al tetto a 240mila euro degli stipendi dei dirigenti pubblici. Si tratta, viene sottolineato nella sede dell'esecutivo, di una "dinamica squisitamente parlamentare", frutto di una intesa tra i partiti.
La riformulazione dell'emendamento di Forza Italia che toglie il tetto di 240 mila euro agli stipendi dei manager pubblici contenuto del decreto aiuti bis, a quanto si apprende, è stato votato in commissione, prima dell'approdo in Aula, da Pd, Fi ed Iv. Astenuti Fdi, Lega ed M5s.
"Quello è un tetto che avevo messo io, oggi il governo ha fatto questa riformulazione e non avevamo alternativa che votarlo per evitare che saltasse tutto e saltassero 17 miliardi di aiuti alle famiglie", ha detto Matteo Renzi replicando ad una domanda sullo stop al tetto degli stipendi dei manager della p.a.
"Siamo molto soddisfatti dell'approvazione del dl aiuti bis. Purtroppo nel testo è passato anche un emendamento di Forza Italia riformulato dal MEF, come tutti gli emendamenti votati oggi con parere favorevole, che non condividiamo in alcun modo e che elimina il tetto dei 240 mila euro agli stipendi di una parte della dirigenza apicale della pubblica amministrazione - dicono Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, presidenti dei gruppi Pd -. Pertanto presenteremo alla Camera un ordine del giorno al dl aiuti bis, impegnando il governo a modificare la norma e ripristinare il tetto nel primo provvedimento utile e cioè nel dl aiuti ter".
Sull'emendamento che prevede una deroga al tetto degli stipendi, il Ministero dell'economia, secondo quanto si apprende, ha dato solo un contributo tecnico sulle coperture. Si tratta di un emendamento parlamentare, si spiega, per la cui attuazione comunque è necessario un provvedimento successivo.