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Sono sempre meno i giovani occupati,-7,6% in 10 anni

Rapporto Censis-Eudaimon. Penalizzate le ragazze

 Il lavoro non è una cosa per giovani.     E peggio se si è giovani e donne. Il calo del 7,6% dei giovani occupati negli ultimi 10 anni e' "preoccupante" come dice il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri, perché i lavoratori giovani in Italia sono diventati una "rarità" oramai, e quelli che trovano lavoro spesso sono precari. Secondo il sesto Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, complessivamente, il 21,3% dei lavoratori italiani è occupato con forme contrattuali non standard (tempo determinato, part-time, collaborazioni). E la precarietà è giovane e ancor più donna e alimenta una parte significativa della mobilità nel mercato del lavoro: con forme contrattuali non standard per il 46,3% delle giovani lavoratrici e part-time involontario per il 20,9%.
    Nel decennio 2012-2022 gli occupati 15-34enni sono diminuiti del 7,6% e quelli con 35-49 anni del 14,8%, mentre i 50-64enni sono aumentati del 40,8% e quelli con 65 anni e oltre del 68,9%. I lavoratori invecchiano e in futuro ce ne saranno sempre meno: si stima che nel 2040 le forze di lavoro nel complesso saranno diminuite dell'1,6%, come esito della radicale transizione demografica che il Paese sta vivendo.
    "Bisogna intervenire, come abbiamo chiesto a questo governo, anche a quello precedente, sul lavoro precario, sul lavoro povero", dichiara Bombardieri, che chiede risposte all'esecutivo sia sul lavoro sia su opzione donna e propone di "avviare una discussione sulla riduzione dell'orario di lavoro a parità di trattamento economico".
    Altro tema da affrontare sono le grandi dimissioni. "Abbiamo più di 1 milione, quasi 1 milione e mezzo di dimissioni volontarie.
    Sono elementi sui quali riflettere", dice il sindacalista.
    Secondo il rapporto, se potesse, il 46,7% degli occupati italiani lascerebbe l'attuale lavoro. Lo farebbero il 50,4% dei giovani e il 45,8% degli adulti, il 58,6% degli operai, il 41,6% degli impiegati e solo il 26,9% dei dirigenti. I motivi?Innanzitutto, le difficoltà di carriera per il 65% degli occupati, stipendi non adeguati per il 44,2% e la paura di perdere il posto di lavoro per il 42,6% dei lavoratori.
    Se le integrazioni del reddito sono largamente apprezzate, dal welfare aziendale i lavoratori si attendono un utile supporto per raggiungere una più alta qualità della vita. Promosso lo smart working, se alternato con il lavoro in presenza: per il 70,4% migliora più in generale la qualità della vita. 
   

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