La paura di un default degli Stati Uniti scuote le piazze finanziarie. Dall'Asia all'Europa le borse chiudono tutte in rosso: il Vecchio Continente brucia 227 miliardi di euro con Milano maglia nera che archivia la seduta in calo del 2,39% e vede andare in fumo 34 miliardi. Pesante anche Wall Street, dove gli occhi degli investitori sono puntati sulla Casa Bianca mentre dietro le quinte ci si prepara al peggio. Le trattative fra Joe Biden e lo speaker della Camera Kevin McCarthy proseguono anche se un accordo è ancora lontano.
"Le posizioni restano distanti su molti punti ma penso e spero che possiamo fare progressi", afferma McCarthy ribadendo la sua intenzione di concedere 72 ore per l'esame di ogni eventuale intesa raggiunta. Un'identificazione temporale che avvicina pericolosamente gli Stati Uniti al primo giugno, identificato dal segretario al Tesoro Janet Yellen come il possibile giorno X del default. Pur mostrandosi relativamente ottimista - "credo fermamente che risolveremo il problema" e "non ci sarà un default" - lo speaker della Camera lascia intendere che la responsabilità dello stallo che si è venuto a creare è solo ed esclusivamente colpa dei democratici. "Il presidente non mi ha incontrato" sull'aumento del tetto del debito "per 97 giorni, e non è colpa mia se i liberal vogliono continuare a spendere al ritmo" attuale, spiega osservando come i repubblicani hanno messo sul tavolo molte "concessioni", scontrandosi però con l'estremismo dei democratici.
A dar voce alla Casa Bianca è Yellen. Un accordo è "possibile", dice il segretario al Tesoro ribadendo che il primo giugno potrebbe essere la data del default e spiegando che al momento è difficile identificare con esattezza il giorno esatto in cui gli Stati Uniti potrebbero non poter più onorare i loro impegni finanziari. Invitando a raggiungere un accordo per evitare il ripetersi dei danni all'economia causati dal braccio di ferro sul debito del 2011, Yellen osserva come sui mercati inizia a vedersi un certo "stress" per la mancanza di un accordo. "Questo ci ricorda l'importanza di un'intesa tempestiva", aggiunge.
Sulle piazze finanziarie mondiali indubbiamente si inizia a percepire un certo nervosismo sulla mancanza di un accordo per evitare quello che potrebbe essere un default catastrofico dalle conseguenze imprevedibili per l'economia mondiale. Un nervosismo che si traduce in pessimismo sulla ripresa globale, sulle quale già pesano le incertezze geopolitiche - dalla guerra in Ucraina alle tensioni fra Stati Uniti e Cina - e un'inflazione che non molla la presa costringendo le banche centrali a procedere nelle loro campagna di rialzi dei tassi di interesse.
Nel Regno Unito i prezzi sono saliti dell'8,7% in aprile, ben sopra le attese degli analisti. Il caro vita galoppa anche nell'area euro e negli Usa, dove la Fed sta valutando le prossime mosse ed è pronta a continuare con la sua stretta. Alla riunione di giugno la banca centrale americana si presenta, almeno per ora, divisa con i falchi che premono per ulteriori rialzi del costo del denaro mentre le colombe preferirebbero una 'pausa' per valutare gli effetti delle strette finora decise. In Europa Christine Lagarde è impegnata a riportare i prezzi al target del 2% nel medio termine: "per questa ragione - spiega in occasione dei 25 anni della Bce - abbiamo alzato i tassi a un ritmo senza precedenti e li fisseremo su livelli sufficientemente restrittivi" per tutto il tempo necessario".
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